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LOUISE Brown sta per compiere 35 anni, vive in Gran Bretagna ed è sposata con un buttafuori di una discoteca. Il suo nome resterà per sempre legato alla storia della medicina, perché è la prima bimba al mondo ad essere nata in provetta. Il genio della scienza che corregge una distrazione della natura. Il miracolo di Louise oggi fa capolino a Catanzaro, all’ospedale Pugliese Ciaccio, il più grande della regione e da poco accreditato come unico centro pubblico in Calabria a poter fornire prestazioni di procreazione assistita di primo livello, e cioé al suo interno saranno applicate le tecniche di fecondazione semplici e poco invasive. Nel campo, infatti, esistono anche i centri di secondo e terzo livello, che si differenziano a seconda delle tipologia di inseminazione praticata.

Una grande opportunità, dunque, sta per aprirsi nell’ospedale catanzarese, tra i presidi scelti dalla Regione Calabria per l’attivazione di questa importante branca e destinatario di un pacchetto di finanziamenti, che ora dovranno essere utilizzati dal managment dell’azienda ospedaliera per individuare e attrezzare i locali che dovranno ospitare il centro, l’organizzazione del personale e il compimento di tutti gli atti successivi all’approvazione della delibera della Giunta regionale, che ha sancito il nuovo destino del Pugliese Ciaccio. 

Un tratto rosa, dunque, colora il presidio del capoluogo di regione, affidato al direttore generale, Elga Rizzo. E’ stata proprio lei, d’altro canto, ad annunciare nel corso di una conferenza stampa la bella notizia sul riconoscimento a centro di primo livello per la procreazione assistita. Il percorso da compiere da qui fino alla concreta possibilità per coppie calabresi di accedere al servizio sanitario non è breve ma la curva più stretta è stata superata, com l’accreditamento effettuato dalla Regione.

La decisione passa dall’ufficio del commissario per l’applicazione del piano di rientro della sanità, ovvero dal presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, che proprio in un regime di contenimento di costi e di riforma del sistema sanitario calabrese, ha deciso di accedere ai fondi nazionali sulla procreazione assistita. Alla Calabria è toccato un pacchetto di un milione di euro, suddiviso tra le diverse aziende ospedaliere calabresi e con il più cospicuo finanziamento per l’ospedale regionale di Catanzaro. Il senso della scelta è quello di offrire il più vicino possibile, ciò che oggi viene inseguita da numerose coppie calabresi lontano dai confini calabresi e il più delle volte a costi altissimi, sia in termini economici che psicologici.

In Calabria oggi esiste un unico centro pubblico di primo livello all’Annunziata di Cosenza per quella che in gergo medico viene definita “pma”, procreazione medicalmente assistita, per il resto gli aspiranti genitori devono bussare alle porte dei centri privati. In tutto in Calabria ce ne sono nove, segnalati dal registro dell’Istituto superiore della sanità: tre in provincia di Catanzaro, tre in provincia di Cosenza, due a Reggio Calabria e uno a Vibo Valentia.

In base alle disposizioni della Regione Calabria, però, le opportunità dovrebbero essere maggiori e distribuite con criterio sulle strutture pubbliche.

Catanzaro, infatti, è destinatario di un finanziamento di circa 400mila euro, che dovrà essere utilizzato per la realizzazione delle strutture di procreazione assistita, nel rispetto dei requisiti previsti dalla normativa nazionale e regionale.

Nell’elenco dei beneficiari dei fondi individuato dalla Giunta regionale nella delibera 129 del 14 dicembre 2011, però, anche l’azienda ospedaliera di Cosenza, con una tranche di 240mila euro per l’attivazione del secondo livello di prestazioni, l’azienda di Reggio Calabria con un investimento di 300mila euro per l’apertura di un centro di primo e secondo livello nel costruendo Centro di Scilla e un’ultima somma di 60mila euro per l’azienda di Cosenza da destinare all’ospedale di Rossano.

E’ certo che il provvedimento nasce da un’esigenza primarie di taglio dei costi della macchina sanitaria e, in effetti, l’istituzione di centri pubblici per la fecondazione assistita contribuisce a un contenimento delle spese in un campo di grande sensibilità e delicatezza. Mediamente, infatti, l’accesso alle strutture private per una coppia che ha intenzione di ricorrere alla procreazione medica variano da un budget di 2.500 fino a 4mila euro, a cui vanno aggiunte le spese per gli spostamenti e quelle per le medicine e le cure successive. L’investimento economico varia, ancora, a seconda delle prestazioni e del numero delle volte che l’impianto viene effettuato. 

Il numero dei nati in vitro, su tutto, è in esponenziale ascesa. In base agli esiti del Registro nazionale dell’Istituto superiore di sanità relativi all’applicazione delle tecniche di pma effettuate in Italia nel 2005, sono state trattate 15.770 coppie, per un totale di 26.292 cicli iniziati. Le gravidanze ottenute sono state 2.805, di cui soltanto 1.464 dall’esito noto: i bambini nati vivi sono stati 1.291. Curiosamente l’Italia, protagonista del turismo procreativo, è un Paese che conta un numero elevatissimo di centri per la pma. Secondo l’Istituto superiore di sanità ci sono oltre 330 strutture: 154 sono pubbliche o convenzionate con il Sistema sanitario nazionale, mentre le private sono 175 (il 55%). In proporzione ci sono più centri che in altre nazioni – in Francia se ne contano 95, e 422 negli Stati Uniti (per una popolazione circa 5 volte maggiore, ndr). E quelli pubblici, sono distribuiti a macchia di leopardo, con gravi carenze al Centro-Sud e lunghe code di attesa di mesi e mesi in tutte le strutture pubbliche. La materia, fra l’altro, implica valutazioni di stringente valore personale e la legislazione italiana risulta più rigida di molte altre realtà europee, in quanto è vietata la fecondazione eterologa. E’ stato calcolato che, con la  procreazione assistita, dal 1978 ad oggi sono venuti al mondo circa tre milioni e mezzo di bambini.

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