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C’è Tany che racconta: «Prenoto visita tiroide, mi danno appuntamento un anno dopo, vado dal privato, parto per pisa e dopo poco mi operano». La storia di Claudio è ancora più emblematica: «Mi avevano diagnosticato un tumore all’occhio sinistro, in Emilia è solo un neo». Loro l’hanno scrittA in un tweet – 140 caratteri di risposta all’hashtag #micurofuori, lanciato dal Quotidiano – la risposta alle dichiarazioni del ministro della Salute Barbara Lorenzin, che ospite di Bruno Vespa a Porta a Porta ha affermato: «Una mia grande ambizione, come ministro e come italiana, è che quel charter che parte da Reggio Calabria verso la Lombardia per portare i malati che non possono curarsi nella loro regione, non parta più».

RACCONTA LA TUA ESPERIENZA – Quelle di chi è costretto a rivolgersi fuori dalla regione o di chi sceglie di farlo perché non si fida del sistema sanitario locale sono spesso storie di odissee che aggiungono indignazione alla sofferenza. Il Quotidiano ha deciso di proporre ai lettori di raccontarle in 15 righe (mille caratteri spazi inclusi) da inviare via mail all’indirizzo ilquotidiano.web@finedit.com o con un messaggio sulla pagina Facebook del giornale. E su twitter è possibile commentare usando l’hashtag #micurofuori.

VENT’ANNI ASPETTANDO UN CENTRO – Su Facebook Pasquale scrive: «Nel ’94 fui ricoverato al Mariano Santo per due mesi per un problema molto serio. Furono gli stessi medici cosentini a consigliarmi poi un nuovo ricovero in una struttura più “attrezzata” del nord Italia e da allora sono andato diverse volte al policlinico di Modena, e di seguito anche a Milano, ultimamente al Sant’Orsola di Bologna. Morale della favola in vent’anni qui in Calabria non è stata creata una struttura all’avanguardia in grado di curare particolari patologie e sono costretto ancora ad “emigrare”. p.s. qui in calabria anzichè fare una vera riorganizzazione sanitaria che miri all’efficienza si è scelto di chiudere gli ospedali, come dire invece di curare il malato gli si da il colpo di grazia». La chiusura degli ospedali fa infuriare anche Andrea S. che scrive: «Sembra normale che un Acresi che sta male deve percorrere 69 km per arrivare a Castrovillari dove hanno accorpato Acri…aspetto una risposta..».

«Che poi la regione spende il doppio», fanno notare su twitter commentando il fatto che la migrazione comporta spese aggiuntive. Secondo il tweet di “Morbilla”, però, «capita ovunque. Quello che io non ho capito, infatti, è “ndo c… se dovemo annà a curà”. Qualcun altro poi difende la sanità calabrese. Francesca C. da Cosenza, ad esempio, scrive: «Certo non ci sono molti centri per alcune patologie ma per esempio il reparto di chirurgia pediatrica è perfetto e ne parlo con esperienza personale purtroppo!».

INSODDISFATTI DEL SERVIZIO – Secondo il rapporto Oasi 2012 dell’Università Bocconi, in realtà, oltre il 57% dei calabresi è insoddisfatto della qualità assistenza, nonostante ciò il sistema continua a produrre deficit e i calabresi sono tra i più tartassati d’Italia per coprire quel deficit. 

Nel dettaglio della ricerca emerge che nel 2011 la spesa sanitaria pubblica in Calabria per la gestione corrente (al lordo della mobilità interregionale) è diminuita di -0,8% sul 2010, così come la spesa pro capite, pari a 1.704 euro (-0,9% sul 2010). A questa riduzione, però fa contraltare il saldo della mobilità sanitaria, cioè il rapporto tra debiti con le altre regioni e crediti che risulta negativo, con un conseguente aumento della spesa pro capite: si calcola che nel 2010 la spesa al netto della mobilità sia stata di 1.834 euro, 114 euro, in più rispetto a quella al lordo della mobilità (1.720 euro). 

Mediamente le prestazioni fuori regione ammontano a circa 65.000 e per la maggior parte dei casi si tratta di alte specialità. Per quanto riguarda gli indici di attrazione e fuga dei pazienti, la Calabria viene classificata tra le regioni «in deficit» insieme alla Campania, con elevata mobilità in uscita e ridotta mobilità in entrata, con livelli di offerta inferiori rispetto alla domanda o percepiti di bassa qualità. Questo dato nel 2012, secondo dati non ufficiali, potrebbe essere aumentato a causa delle chiusura degli ospedali di confine come Praia a Mare e Trebisacce e il potenziamento da parte della Regione Basilicata dei nosocomi viciniori di Lauria e Policoro. 

 

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