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NELLA basilica di San Pietro, papa Francesco ha consegnato all’arcivescovo di Reggio Calabria il pallio, simbolo del pastore, concesso ogni anno ai presuli che hanno preso possesso di una sede diocesana metropolita.

Giuseppe Fiorni Morosini ha pronunciato la formula con la quale si giura fedeltà al pontefice, poi si è inginocchiato e ha ricevuto il drappo in lana bianca che è stato preparato seguendo un rituale antichissimo. Insieme a lui in Calabria lo indossano gli arcivescovi di Cosenza e Catanzaro, Nunnari e Bertolone, oltre agli emeriti Ciliberti e Cantisani.

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Sono in tutto 24 gli arcivescovi di tutto il mondo per i quali nella festa dei santi Pietro e Paolo è stato predisposto il pallio. Oltre a Morosini, c’era un altro italiano: l’ordinario di Vercelli, Marco Arnolfo.  Accanto al Papa la delegazione del Patriarcato di Costantinopoli guidata dal Metropolita di Pergamo Ioannis (Zizioulas), co-presidente della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa.

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Morosini è stato anche tra i concelebranti che hanno pronunciato una parte della preghiera eucaristica all’altare del Bernini. Durante l’omelia, il Papa ha messo in guardia dal potere, dalle gratificazioni e dall’orgoglio: «Noi – mi domando -, cari fratelli cescovi, abbiamo paura? Di che cosa abbiamo paura? E se ne abbiamo, quali rifugi cerchiamo, nella nostra vita pastorale, per essere al sicuro? Cerchiamo forse l’appoggio di quelli che hanno potere in questo mondo? O ci lasciamo ingannare dall’orgoglio che cerca gratificazioni e riconoscimenti, e lì ci sembra di stare sicuri? Dove poniamo la nostra sicurezza?». Bergoglio rimanda alla testimonianza dell’apostolo Pietro che «ci ricorda che il nostro vero rifugio è la fiducia in Dio: essa allontana ogni paura e ci rende liberi da ogni schiavitù e da ogni tentazione mondana. Oggi, il Vescovo di Roma e gli altri Vescovi, specialmente i metropoliti che hanno ricevuto il pallio, ci sentiamo interpellati dall’esempio di san Pietro a verificare la nostra fiducia nel Signore».

L’amore di Gesù, ammonisce il pontefice, «deve bastare a Pietro. Egli non deve cedere alla tentazione della curiosità, dell’invidia, come quando, vedendo Giovanni lì vicino, chiede a Gesù: “Signore, che cosa sarà di lui?” . Ma Gesù gli risponde: “A te che importa? Tu seguimi”. Questa esperienza di Pietro costituisce un messaggio importante anche per noi, cari fratelli arcivescovi. Il Signore oggi ripete a me, a voi, e a tutti i Pastori: Seguimi! Non perdere tempo in domande o in chiacchiere inutili; non soffermarti sulle cose secondarie, ma guarda all’essenziale e seguimi. Seguimi nonostante le difficoltà. Seguimi nella predicazione del Vangelo. Seguimi nella testimonianza di una vita corrispondente al dono di grazia del Battesimo e dell’Ordinazione. Seguimi nel parlare di me a coloro con i quali vivi, giorno dopo giorno, nella fatica del lavoro, del dialogo e dell’amicizia. Seguimi nell’annuncio del Vangelo a tutti, specialmente agli ultimi, perché a nessuno manchi la Parola di vita».

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