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COSENZA – Inseguono il sogno del cinema i 24 studenti dell’Università della Calabria, perlopiù iscritti del Dams, ammessi al workshop che il premio Oscar per la fotografia di Avatar, Mauro Fiore, sta tenendo all’Unical in questa settimana, su invito del Centro arti musica e spettacolo e del Dipartimento di Studi Umanistici dell’ateneo. Diretti da Fiore racconteranno l’Unical in uno spot di tre minuti, partendo da un soggetto selezionato tra quelli presentati per partecipare al laboratorio. Un viaggio nel campus, tra aule, laboratori, impianti sportivi, teatro. Ieri Fiore ha incontrato gli studenti, buttato giù le prime idee per l’ideazione dello spot, distribuito i ruoli in quella che sarà una vera e propria squadra di produzione. Le riprese dovrebbero essere completate tra mercoledì e giovedì, così da dedicare la giornata di venerdì al montaggio dello spot.

«Sogno? Sì, quello può essere il punto di partenza. Ma ai ragazzi in questi giorni vorrei insegnare a cambiare prospettiva. Non basta costruirsi un sogno e coltivarlo – ci dice Fiore, calabrese d’origine, statunitense d’adozione, in una pausa della prima giornata di lavoro con la sua nuova troupe –. È però necessario farsene interpreti. Se resta un sogno, prima o poi svanisce. Bisogna lavorare, sperimentare, partire. Cimentarsi in un’esperienza e andarle incontro senza costruirsi, già in partenza, delle expectations, delle aspettative. Non si creda di sapere già cosa ci darà una nuova esperienza, prima ancora di averla vissuta».

Insomma, bisogna buttarsi?

«Sì (sorride, ndr). Come in amore».

D’accordo, ma la sua parabola, da un piccolo paese della provincia di Cosenza a Hollywood, sembra quasi incarnare il “sogno americano”.

«Ho avuto un’opportunità perché i miei genitori hanno deciso di trasferirsi negli Stati Uniti. Mi sono appassionato alla fotografia, ma poi tutto il resto – il cinema intendo – è arrivato durante il mio percorso di studio e di lavoro. Non sapevo che sarei diventato direttore di fotografia per i film di Hollywood». 

Il workshop organizzato all’Unical è il suo primo laboratorio con studenti di cinema?

«Sì, è la prima esperienza per me di questo tipo. Ho ragionato a lungo su come organizzare questa collaborazione e su quale fosse il modo migliore per trasmettere ai ragazzi qualcosa della mia esperienza. Staremo insieme solo per una settimana, ma per me era importante avere l’occasione di lavorare insieme su un progetto e non solo di tenere una lezione. Anche se noi italiani, quando si tratta di parlare, siamo bravissimi!». 

La richiesta di partecipazione è stata molto alta. Il laboratorio era rivolto a studenti dell’Unical, ma hanno presentato la propria candidatura anche diversi esterni. Sappiamo che ha deciso di incontrarli anche se non potranno far parte della produzione dello spot. Così come incontrerà i giovani registi del territorio. In prospettiva si può immaginare una collaborazione stabile?

«Certo, è la mia intenzione. Penso a seminari annuali da tenere qui per condividere la mia esperienza».

La Calabria è una terra ostica per il cinema. Le grandi produzioni non arrivano qui, mentre altre regioni vicine sul cinema stanno costruendo un po’ la loro fortuna. Il regista Michelangelo Frammartino, che ha tenuto qui un workshop la scorsa settimana, vorrebbe girare parte del suo prossimo film in Calabria, ma ci ha detto che difficilmente ci riuscirà perché qui mancano i supporti necessari.

«Il cinema è un’occasione di sviluppo per il territorio. Un traino, senza dubbio, per il turismo tanto più in una terra come la Calabria. Mi auguro si riesca a fare di più in futuro. Ho avuto modo di incontrare il nuovo presidente della Regione, Mario Oliverio, e di scambiare con lui qualche impressione. Abbiamo avviato un dialogo e già da presidente della Provincia mi era sembrato sensibile rispetto al tema». 

Lo aveva incontrato durante i festeggiamenti per l’Oscar. Che ricordo ha, a distanza di tempo, dell’accoglienza che le tributò Marzi, il suo paese?

«Un’emozione incredibile. Non immaginavo che quel premio potesse essere quasi più importante per loro, la mia comunità, che per me».

A cosa sta lavorando in questo momento negli Stati Uniti?

«Sto valutando una serie di progetti che mi sono stati sottoposti. In questo periodo lavoro però su spot pubblicitari. Da un lato ho maggior tempo da dedicare alla famiglia, dall’altro trovo molto stimolante occuparmi di questo linguaggio che è più rapido e immediato rispetto al cinema. Devi trasmettere il tuo messaggio in pochi minuti e l’immagine, la sua forza hanno un ruolo decisivo. È un’occasione per sperimentare, che tornerà utile anche sul set di un film».

 

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