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COSENZA – Massimo Ruffolo è ricercatore dell’istituto di calcolo e reti ad alte prestazioni del Cnr con sede nel cubo 41/C dell’Unical. Nel 2002 è stato uno dei fondatori di Exeura srl, storico spin-off dell’Università della Calabria. Nel 2006 partecipa alla creazione di una startup chiamata FourthCodex con base negli Usa e nata come joint-venture tra Exeura srl e Herzum Software Inc. Il progetto statunitense non va in porto ma far pratica con la realtà americana gli fa capire i limiti del modello di business italiano nel campo dell’Ict. È nella patria delle startup, infatti, che Ruffolo osserva come l’esperienza maturata nel settore dell’innovazione che esce dall’accademia e prova a stare sul mercato debba essere sfruttata in modo diverso rispetto a quanto fatto fino ad allora. «Qui offrivamo servizi di consulenza, non prodotti. E a me interessava proporre al mercato un prodotto», racconta.

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Nel 2008 lascia Exeura, presso cui era stato distaccato ricorrendo alla legge Treu, e torna al Cnr. Un paio di anni più tardi, è il 2010, è pronto per fondare con la collega Ermelinda Oro la sua startup. Con “Altilia srl” Ruffolo e Oro sviluppano “Mantra Smart Data Platform”, una tecnologia che permette di gestire grandi quantità di dati (Big Data), strutturati e non, che circolano nel web e nei sistemi delle aziende per trasformarli in Smart Data, ovvero in dati che “acquistano” un significato e aiutano le imprese a migliorare i propri processi produttivi e decisionali. Altilia inizia a partecipare a diverse competizioni per startup. Alla Start Cup organizzata da Cnr e dal “Sole 24 Ore”, a fine 2010, arriva in finale. Nel novembre del 2011 in occasione del Premio Nazionale dell’Innovazione (che quell’anno si svolgeva presso le Officine Grandi Riparazioni di Torino) Altilia vince il premio “Working Capital” insieme a “Eco4Cloud”, altra startup calabrese, che consisteva in 1 milione di euro messo a disposizione dal venture capitalist Quantica sgr poi divenuta Principia sgr. Ma una data da tenere a mente è quella del luglio 2012, quando Altilia annuncia l’ingresso nella società proprio di Principia Sgr, che firma un aumento di capitale di 2,6 milioni di euro. Un investimento che consente ad Altilia di proseguire nello sviluppo della tecnologia e di arrivare sul mercato nel 2014.

FATTURATO A 6 ZERI – Quest’anno Altilia chiuderà il proprio bilancio con un milione di euro circa di fatturato e punta a raddoppiarlo nel 2016. Lo scorso anno la rivista “Wired” l’ha citata tra le imprese innovative con il maggior numero di dipendenti: oltre ai fondatori Ruffolo e Oro, Altilia oggi ne conta 20. Nel suo portafoglio clienti è entrato da poco uno dei principali marchi del fashion retail, ma il suo nome – ci spiega Ruffolo – per ora è coperto da una clausola di riservatezza. Altilia lavora per Banca Intesa, Banzai e altri gruppi dell’e-commerce che vogliono conoscere meglio gusti e abitudini dei propri clienti, ma ha offerto i propri servizi anche a Huawei, il colosso cinese della telefonia. Il 2015 ha segnato anche l’ingresso nel mercato americano: tra i clienti di Altilia spicca la Morgan Stanley Capital International (Msci), società che fornisce servizi finanziari alle banche. Nella sede di Altilia, all’interno dell’incubatore d’imprese dell’Università della Calabria, non è però più tempo di bearsi dei successi raggiunti. La società è in fase di B-round, alla ricerca cioè di nuovi investimenti che le consentano di affermarsi definitivamente nel mercato internazionale. «Siamo nella fase più delicata per una startup. Le nostre dimensioni ci consentono di tirare a campare ma abbiamo bisogno di nuovi investimenti per crescere e resistere a eventuali perturbazioni economico/finanziarie. È un tema ben presente ormai anche in Europa: molte startup non riescono ad andare oltre la fase d’avvio. L’Unione Europea in Horizon 2020 ha previsto ora linee d’intervento precise destinate alla crescita delle startup – spiega Ruffolo – Noi stiamo incontrando una serie di investitori internazionali, per aprire anche sedi in Europa e in America. Cerchiamo anche contatti negli Stati Uniti, ma lì è un po’ un circolo vizioso: per ottenere un investimento bisogna avere già clienti e sede negli States: noi abbiamo i clienti, ma per aprire una base a New York, che è il nostro prossimo obiettivo, servono nuovi investitori».

L’ECOSISTEMA CHE NON C’È – Il contesto locale, certo, non aiuta a crescere. «Qui l’unico vantaggio è stata la presenza dell’Università della Calabria da cui provengono ingegneri informatici che non hanno nulla da invidiare, per competenze e qualità, ai laureati di altre sedi italiane ed estere. L’Unical ha garantito la componente scientifica e tecnologica all’ecosistema delle imprese innovative. O almeno lo ha fatto finora, perché purtroppo negli ultimi anni i laureati sono diminuiti ed è aumentato il numero di chi, dopo la triennale, va fuori. A noi servirebbero altri dieci ingegneri informatici, ma facciamo fatica a trovarli» dice Ruffolo. Il resto poi dell’ecosistema è un deserto. «Le figure professionali di cui avremmo bisogno nel settore commerciale e nel marketing sono difficili da trovare in Italia, non solo in Calabria. E ad ogni modo nessuno è disponibile a trasferirsi nella nostra regione. Dobbiamo ricorrere così a consulenti o advisor che hanno sede a Milano, New York, Seattle.

In Calabria abbiamo trovato solo alcune agenzie di grafica con le quali siamo riusciti a collaborare, fornendo noi i contenuti», racconta. E poi c’è il mondo della finanza. «Noi chiediamo soldi ai venture capitalist, alle banche ci rivolgiamo per l’anticipo crediti. Trovare buoni interlocutori è stato difficile perché anche quando gli strumenti ci sono, spesso non sanno usarli. Non c’è la giusta esperienza e ci troviamo a parlare due linguaggi diversi. Come si fa a chiedere ad una startup i bilanci degli ultimi due anni? Devo dire però che per noi l’incontro con Intesa – dice Ruffolo – è stato fortunato». A chiudere il quadro le infrastrutture. «I trasporti sono una nota dolente. Il nostro mercato è a Milano e facciamo fatica spesso a trovare dei voli che ci consentano di combinare tutto in una giornata. Siamo costretti a partire almeno il giorno prima se abbiamo un appuntamento a Milano, Bologna o Torino. Il risultato? Ogni trasferta di lavoro ci costa almeno il doppio». La prospettiva per il futuro sembra ormai quella di un trasferimento anche se parziale. «Manterremo il centro ricerche e sviluppo qui a Rende, ma la parte commerciale e marketing dovrà fare base all’estero». Tanto più ora che Altilia cerca anche un amministratore delegato per l’estero.

I RITARDI DELLA REGIONE – Ruffolo promuove l’esperienza di Calabria Innova («Lì ho trovato gente in gamba e motivata», dice), ma trova «inadeguati» gli strumenti legislativi che la Regione propone per le startup e l’innovazione. «Noi abbiamo rifiutato di partecipare a un bando per un investimento di 500 mila euro perché a prescindere dal valore di mercato, dalle dimensioni, dalla fase di crescita avremmo dovuto cedere il 15 per cento dell’impresa alla Regione Calabria. Ma come spiego a Principia che si dà via il 15 per cento dell’azienda per 500 mila euro, se Altilia per il nostro investitore vale 10 milioni? Se la Regione vuole davvero fare venture capital e sostenere l’innovazione e il trasferimento tecnologico ­– conclude Ruffolo – deve dotarsi allora di strumenti, norme e competenze adeguate».

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