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Luigi Palopoli, direttore del Dipartimento di Ingegneria informatica, modellistica, elettronica e sistemistica.

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Tra una settimana l’Unical andrà alle urne per eleggere il nuovo rettore. Mercoledì 5 giugno si è tenuta l’ultima assemblea del corpo accademico prima del voto: di seguito una sintesi dell’intervento programmatico del candidato Luigi Palopoli, direttore del Dipartimento di Ingegneria informatica, modellistica, elettronica e sistemistica.

AFFRANCARSI dalla morsa dell’emergenza quotidiana, coinvolgere i più giovani nella governance, fare del confronto continuo e della condivisione delle decisioni una prassi. Il suo mandato da rettore, se otterrà il consenso dell’ateneo, Luigi Palopoli – direttore del dipartimento di Ingegneria informatica – lo immagina così. E per verificarlo si può prendere nota già di un appuntamento: febbraio 2020, mese in cui si dice pronto a convocare la prima conferenza didattica d’ateneo, per discutere dell’offerta formativa. Nel frattempo, e sempre in ambito didattico, propone l’istituzione della “Scuola interdisciplinare di ateneo”, per accogliere e coinvolgere, in orari extra-curriculari e per percorsi aggiuntivi, gli studenti di maggior talento, e l’avvio sperimentale di strutture didattiche interdipartimentali.

Sul fronte della ricerca immagina invece meccanismi capaci di ampliare la platea di chi riesce ad accedere ai finanziamenti. Tra questi, ad esempio, un fondo rotativo che risponda a criteri di equità e redistribuzione, finanziato con risorse d’ateneo, fondi regionali e una parte della quota delle spese generali dei progetti finanziati da fonti esterne oggi assorbite in modo indifferenziato nel bilancio d’ateneo. Nel programma, ancora, lotta al precariato, attenta programmazione per rispondere alle aspettative degli abilitati, una terza missione da declinare anche come «disponibilità ad impegnarsi attivamente nella costruzione in Calabria di una società meno diseguale».

Quello che immagina Palopoli è un rettore «che non decida e non governi da solo». Un rettore «politico» (espressione che tornerà anche nelle slide di Perrelli) che nella sua visione «raccoglie gli input degli organi e li traduce, mettendoci del suo, in azione a tutela della comunità».

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