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COSENZA – «Qualche giorno fa il Consiglio scientifico del mio istituto – l’Institut des Hautes études scientifiques di Bures-sur-Yvette – si è riunito per selezionare giovani studiosi per un post-doc in matematica e fisica teorica. Per quanto riguarda matematica i posti disponibili erano due e le candidature, provenienti da tutto il mondo, 500. Da una prima selezione abbiamo ricavato una lista breve di 10 candidati. Di questi, quattro sono cinesi e tre italiani. Ma se la presenza così importante dei primi non deve stupire, dal momento che parliamo di un Paese che conta quasi 1 miliardo e mezzo di individui, il successo degli italiani deve far riflettere. Sapete qual è la vostra forza? Il fatto che qui esiste ancora il liceo classico. Sento dire spesso dagli italiani che la formazione in questo Paese andrebbe modernizzata, ma il vostro problema non è l’istruzione classica. Qui non ci sono abbastanza posti di alto livello per gli studenti che vengono formati ed è per questo che trovano spazio nelle università di tutto il mondo».

A pronunciare questa difesa degli studi classici, accompagnata da un caloroso applauso di un’aula magna gremita di giovani studenti delle scuole superiori, non è né un filosofo né un latinista. È, invece, il matematico Laurent Lafforgue, medaglia Fields nel 2002, ieri ospite dell’Università della Calabria per una lectio su “Matematica e Umanesimo”, voluta e promossa dal Centro internazionale di Studi Telesiani Bruniani e Campanelliani, insieme ai Dipartimenti di Studi Umanistici e di Matematica e informatica
dell’ateneo cosentino.

L’episodio, raccontato da Lafforgue, è solo uno dei «fatti misteriosi» che mostrano quanto il legame tra matematica e humanities «non sia compreso fino in fondo». Eppure noi europei non dovremmo stupirci più di tanto: nei secoli scorsi le scienze nel nostro Continente non hanno conosciuto un grande sviluppo nel contesto – come argomenta Lafforgue – di un’educazione fondata sulle discipline umanistiche?

Lafforgue porta ad esempio Henri Poincaré, uno dei più grandi matematici e fisici teorici della storia. «Si diplomò in scienze raggiungendo appena la sufficienza. Al test di matematica prese zero: tutta la sua formazione, negli anni dell’adolescenza, si era concentrata sul latino e sul greco» racconta. O, ancora, il caso di Évariste Galois, «eroe romantico della matematica», morto a vent’anni in un duello per l’amore conteso di una donna. «Galois ci ha lasciato un testo di poche pagine, che è una delle opere più importanti
della storia della matematica. Sono serviti alcuni decenni per capirla – ricorda Lafforgue – ma da lì in poi la matematica è cambiata per sempre. Un’opera scritta a 16 anni, mentre a 15 aveva iniziato a studiare
matematica. Prima cosa aveva fatto? Aveva studiato latino e greco».
Indagare da vicino lo stretto rapporto che esiste tra matematica e discipline umanistiche significa prendere in considerazione tre aspetti. Il primo, spiega Lafforgue, riguarda il rapporto molto profondo tra matematica e parola, soprattutto scritta. «Alexander Grothendieck, il più grande matematico del XX secolo, si considerava uno scrittore. E in effetti scrivere matematica significa raccontare una storia – dice Lafforgue – perché la matematica non è fatta solo di calcoli e di equazioni. Ciò che conta di più sono i concetti. I grandi problemi classici, come la quadratura del cerchio, hanno trovato risposta nel corso del XIX secolo anche grazie all’introduzione di un nuovo concetto, quello di dimensione».

Ma la matematica condivide con le discipline umanistiche anche la relazione con il passato. «Diventare matematici significa iscriversi in una tradizione millenaria che ha le proprie origini nel mondo greco. Dopo 2.500 anni noi non siamo che dei continuatori o, meglio ancora, dei commentatori, come si definivano i filosofi del Medioevo».

Infine, cos’è che rende le scienze – partendo dalla matematica e dalla fisica teorica – davvero creative?
Per Lafforgue non è l’esperimento, ma il pensiero puro. I rivoluzionari articoli di Einstein del 1905, ricorda, non si fondavano sul risultato di esperimenti. Anche le onde gravitazionali sono un ottimo esempio: teorizzate da Einstein nel 1916 – ricorda, seduto accanto a Lafforgue, Ugo Moschella, direttore della Lake Como School of Relativistic and gravitational Physics – sono state osservate solo un secolo dopo.

E com’è che si impara a pensare? «Venendo messi di fronte presto – spiega la medaglia Fields – a pensieri grandi e confrontandosi con l’eredità classica, filosofica, letteraria trasmessa dalle generazioni precedenti. Il legame con le discipline umanistiche è importante per una reale creatività scientifica. Voi italiani avete una responsabilità particolare in questo contesto. Siete i primi eredi della cultura latina. E voi calabresi lo siete anche della tradizione greca: è un onore, ma anche un onere».

«Venendo messi di fronte presto – spiega la medaglia Fields – a pensieri grandi e confrontandosi con l’eredità classica, filosofica, letteraria trasmessa dalle generazioni precedenti. Il legame con le discipline umanistiche è importante per una reale creatività scientifica. Voi italiani avete una responsabilità particolare in questo contesto. Siete i primi eredi della cultura latina. E voi calabresi lo siete anche della tradizione greca: è un onore, ma anche un onere».

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