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Mario Caligiuri con Derrick de Kerckhove

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Il sociologo dei edia si è soffermato sulla “datacrazia” dei tempi moderni

RENDE (COSENZA) – Nell’era dell’informazione frammentata e ipertestuale è sulla carta, dice Derrick de Kerckhove, «che la parola si ferma e acquista senso». Il sociologo dei media, allievo ed erede intellettuale di Marshall McLuhan, non entra nella controversia stampa/schermo esprimendo giudizi di merito. «Certo, ci sono dei rischi nel delegare troppe funzioni allo schermo. Perdiamo la capacità di concentrazione, viviamo come frammenti. “Sviluppiamo” una mente ipertestuale, non lineare. Non è detto che sia un male. Ma è una scelta epistemologica. E di valori. Quali dei valori del nostro passato vogliamo mantenere?» chiede agli studenti del master in Intelligence dell’Unical, diretto da Mario Caligiuri.

Lo studioso belga, naturalizzato canadese, ha dedicato le sue ricerche più recenti all’intelligenza connettiva e all’Unical, per la lectio d’apertura del master, è venuto a parlare di datacrazia. Nel mondo governato dagli algoritmi, in cui anche i governanti rischiano “il posto”, de Kerckhove assegna un ruolo importante alla formazione. «Nell’era dei big data, la scuola non deve esigere risposte, ma deve insegnare a porre le giuste domande» dice. E ancora: «Oggi abitiamo tre spazi: il mondo, la mente e la rete. Spazi che si incrociano ma che non si sovrappongono. La scuola deve adeguarsi a questa sfida: come gestire la nostra presenza sulla rete?».

E se oggi siamo tutti dei Pinocchio 2.0 ed esistiamo solo in connessione agli altri «superare la digitalizzazione della nostra esperienza – come il burattino di Collodi doveva superare la meccanizzazione – è un compito pedagogico cruciale». Per non essere sopraffatti dagli algoritmi e non correre il rischio che Google ci conosca meglio di nostra madre, vale infine per de Kerckhove la proposta di Harari, mutuata dalla tradizione greca: conosci te stesso.

Non si fraintenda, però, il pensiero del sociologo: la rete, per de Kerckhove, non è il male. «La robotica sta prendendo il controllo anche della nostra etica. E lo schermo si sostituisce al nostro immaginario interno. Noi crediamo di averne il controllo, perché interagiamo, ma è un’illusione. È lo schermo che prende il controllo, non solo con le echo chambers (le informazioni che si ripetono e rafforzano in un ambito chiuso, ndr), ma anche con le routine che eseguiamo. Sono cambiamenti da temere? Non so, certo sono da studiare» dice il professore. Ma la rete è anche lo spazio dell’intelligenza connettiva e ha segnato una crescita della trasparenza e del valore della reputazione, ricorda de Kerckhove, citando i casi “Wikileaks” e “Panama papers”.

Come uscirne? «Invocando un nuovo contratto sociale, fondato su privacy, reputazione e informazione», dice Caligiuri a fine lezione, tirando le somme della lectio dell’illustre ospite.

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