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Giuseppe Picciotto.

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Celebro qui oggi i primi settant’anni di Giuseppe Picciotto. Chi è costui, si chiederanno manzoniamente i nostri lettori?

Peppino Picciotto è Jo Pinter, Ciccio Paradiso il mio alter ego, sono i due protagonisti del libro “Cosangeles” che si rincorrono in storie noir e picaresche che ricordano i fumetti di Pazienza, i film di Fellini, i concerti dei Velvet Underground.

Cosenza è il luogo che contiene le 11 storie e che dalla mia città racconta altri posti nel mondo.

Sostanzialmente Jo Pinter è per me quello che Neal Cassady rappresentò per Jack Kerouac quando scrisse “Sulla Strada” costruendo il personaggio del protagonista Dean Moriarty.

Per questo ne celebro il settantesimo compleanno su questa pagina.

Picciotto è in conflitto perenne con Jo Pinter come Antonio De Curtis lo era con Totò. Non è facile avere uno pseudonimo.

Jo Pinter è rotolato come una pietra lavica dalla metà del secolo scorso ad oggi finché la sua corsa ha trovato pace sulle sponde del mitico Noor Zee, su al Nord in un posto dai ritmi ben diversi dal Mediterraneo in cui ha vissuto per lungo tempo, non risparmiandosi sortite intercontinentali.

Di lui si è detto tutto e il contrario di tutto: bello, trasgressivo e dissoluto è sempre riuscito ad interpretare l’arte solo come uno dei tanti mezzi che gli hanno permesso di guadagnarsi da vivere. L’arte di arrangiarsi per colui che inventò Cosangeles e che continua a vivere la vita come un’opera d’arte.

Il suo estro, pur consentendogli felici intuizioni, lo ha sempre portato a finalizzare nel “day for day” l’obiettivo delle sue performance. Ha sempre campato alla giornata, Picciotto. Fosse un flirt con una marchesa o un locale notturno da portare al successo.

Filosofo trash, rock-implosionista, musicista, attore, sceneggiatore, regista, play-boy-blu, biscazziere-croupier, modello e vitellone, Peppino non ha mai perso il fascino del poeta maledetto. Picciotto-Pinter a settant’anni compiuti è il simbolo della poetica del fallimento. Avrebbe reso soddisfazione al drammaturgo Samuel Beckett che disse: “Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Prova ancora. Fallisci meglio. Fallisci ancora”.

Le ville, le barche, le auto di lusso, le donne (spesso quelle di altri mariti), qualcosa di cui fruire senza l’ossessione del possesso che fu pre-alessandrino.

Peppino Picciotto, un beautiful loser caratterizzato da una profonda irrequietezza esistenziale che lo ha portato in giro per il mondo fra notti trascorse dormendo nelle stazioni in compagnia dei clochard di Parigi o nelle strepitose suite dei super luxury hotel di Las Vegas. Anni e anni passati lontano dalla sua città, ma con Cosenza sempre presente nel cuore insieme ai lupi della Sila.

In una recente intervista alla domanda se avesse intenzione di tornare a vivere nella capitale Brutia ha risposto: «Io non sono un salmone, non tornerò al fiume d’origine, ma il 65% dell’acqua presente nel mio corpo è acqua “du Zumpu” (l’acqua migliore di Cosenza ndr) ed è quella che mi ha permesso di superare ogni avversità nella vita».

Dicono che l’arte è l’egoismo di possedere il dono di esprimerla e muore nel momento stesso in cui la sua espressione è completa.

Non è ancora quel momento. Buon compleanno Jo Pinter.
PS. A corredo pubblico sette foto di Peppino Picciotto. Ognuna rappresenta una decade della sua vita collegata alla tendenza in auge in quel periodo.


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Sette foto di Peppino Picciotto, ognuna rappresenta una decade della sua vita collegata alla tendenza del momento,

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