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Anna Bonaiuto

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QUALCHE ora prima di giungere nel centro storico, il film in cui recita (Tre piani, regia di Nanni Moretti) viene annunciato tra le pellicole in concorso al Festival di Cannes 2021. Una buona notizia per Anna Bonaiuto, ma pure per quei cosentini che ieri l’hanno incontrata nell’ambito della manifestazione conclusiva del Premio Sila ’49, che oggi, alle 11 e alle 18, prosegue coi suoi appuntamenti.

È all’attrice teatrale e cinematografica – friulana di nascita e napoletana nell’anima -, diretta da registi come Martone e Sorrentino, che va il riconoscimento alla carriera dell’edizione 2020 del Sila.

All’Arenella – introdotta dal presidente della Fondazione Sila Paolini e dalla direttrice del premio Cestari – Bonaiuto incanta il pubblico con la sua lectio magistralis che, pure riferendosi alle attuali criticità del mondo della cultura, s’intitola “Alla ricerca dell’attore perduto”. Richiama, dunque, la Recherche di Proust questa grande artista che, senza l’aiuto di alcuna madeleine, ricorda di quando scopre la passione per quello che sarebbe diventato il suo mestiere. «Credo – dice – di aver avuto tre anni, a un tavolo erano riuniti mio padre e i suoi amici; si narra che in quel momento avrei cantato Malafemmina, ma io ricordo solo l’applauso che ricevetti e il piacere che provai, il primo più grande piacere della mia vita. Da lì, crescendo, ho iniziato a pensare solo a quello, a fare l’attrice, che forse è una professione che più che sceglierla, ti sceglie lei. In casa – prosegue – c’erano moltissimi libri e mi appassionava la lettura che ne veniva fatta a voce alta, così come mi appassionava andare al cinema con mia madre, nella sala dove il parroco, a seconda del film proiettato, affiggeva cartelli con lettere diverse: se c’era la “t”, tutti potevano visionare la pellicola, mentre la “e” di “esclusi” stava a significare che il film probabilmente s’intitolava Scandalo al sole».

Cullano, insieme allo scroscio del Crati, le parole dell’attrice; parole che tornano a focalizzarsi sul concetto di «voce». «Alla fine del liceo mi iscrissi a filosofia ma lasciai dopo un anno – racconta -. Nonostante mio padre fosse contrario alla carriera di attrice, perché diceva si trattasse di un lavoro da svolgere prevalentemente di notte, mi iscrissi a Roma, all’Accademia».

E, tra i miti di Bette Davis e Anna Magnani, Bonaiuto ha cercato la sua voce. «A tal proposito – conclude – mi piace ricordare la signora cieca che una volta venne a vedermi a teatro e mi ringraziò per non aver usato il microfono: senza le alterazioni degli altoparlanti, ma solo per mezzo della mia voce, era riuscita a vedermi».

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