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REGGIO CALABRIA – Se l’obiettivo dell’arcivescovo di Reggio Calabria, monsignore Giuseppe Fiorni Morosini, era quello di aprire una discussione non solo nella stessa Chiesa, ci è riuscito appieno (LEGGI LA SOLUZIONE DI MOROSINI). La proposta di abolire i padrini per le cresimi ed i battesimi ha aperto, infatti, una serie di riflessioni, trovando spunti e divergenze. La prima controproposta arriva da monsignor Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Bojano e presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, secondo il quale per evitare infiltrazioni di mafiosi nella Chiesa, «siano i catechisti a fare da padrini.  Questa -spiega all’Adnkronos – è la proposta alternativa all’abolizione dei padrini: se il padrino lo fa il catechista, si fa entrare in gioco la forza della comunità e in questo modo si inizia a spezzare, anche se con fatica, il potere della mafia. Le parrocchie devono essere compatte e unite in questo cammino, seguendo l’insegnamento della Chiesa antica». 

«E’ difficile – rimarca l’ex vescovo di Locri-Gerace – ma questa è la vera soluzione. Perché va anche al di là dei 10 anni e crea una mentalità cristiana, perché i ragazzi vengono cresciuti dalla comunità e impedisce che la mafia faccia da padrino o crei finti padrini.  Quattro mafiosi fuori dalla storia – sostiene Bregantini – non possono e non devono farci rinunciare alla bellezza dei sacramenti che sono incontro con Dio e via di fede di tutta una comunità». L’ex prete operaio che ha scritto le meditazioni per la via Crucis presieduta da Papa Francesco al Colosseo, rilancia: «Dovremmo arrossire se una comunità cristiana non fosse capace di esprimere 20 padrini l’anno. Bisogna lavorare molto sul piano culturale e pastorale – conclude – i parroci devono dicesrnere e allontanare eventuali proposte di malavitosi». 
A sostenere la soluzione proposta al Papa dall’arcivescovo di Reggio Calabria, è Monsignor Bruno Forte, teologo oltre che arcivescovo di Chieti e Vasto: «La scelta di cancellare i padrini nei sacramenti del battesimo e della cresima avanzata dall’arcivescovo di Reggio Calabria è più che legittima: se ritiene che la presenza dei padrini è più dannosa che utile per la crescita spirituale della sua comunità, non solo può ma addirittura deve compiere un passo simile».  
«Se l’arcivescovo di Reggio Calabria, che ben conosce la situazione della sua diocesi, è giunto a questa determinazione – spiega monsignor Forte – avrà tali e tante serie ragioni che io credo vadano soltanto rispettate e apprezzate, assieme al coraggio personale di questo uomo di Chiesa che giunge a fare al Papa una simile richiesta, per avere da lui la massima autorità come testimonianza della fermezza e della decisione con cui la Chiesa combatte la mafia». In ogni caso, da un punto di vista strettamente teologico, «la richiesta non contrasta assolutamente né con la lettera né con lo spirito delle disposizioni canoniche». Infatti, ricorda a tal proposito monsignor Forte, «il Codice di Diritto Canonico, che nasce dalla prassi della Chiesa, al canone 892 recita che ‘il confermando (ossia colui che dovrà ricevere la cresima; ndr) sia assistito per quanto è possibile, in latino ‘quantum id fieri potest’, dal padrino il cui compito è provvedere che il confermato si comporti come vero testimone di Cristo e adempia fedelmente gli obblighi inerenti allo stesso sacramento».  
«La scelta dell’arcivescovo di Reggio Calabria – dichiara – non deve destare scandalo ma semmai ammirazione per il coraggio e la saggezza con cui pone ancora una volta la Chiesa in una linea di frontiera contro ogni forma di contaminazione, di infiltrazione e di violenza mafiosa». Del resto, osserva ancora Forte, «se scomunichiamo i mafiosi è quanto meno coerente non accettarli come testimoni in un sacramento, sia esso il battesimo o la cresima. Naturalmente, la decisione vale eventualmente soltanto per la singola diocesi che la adotta. Ma al suo interno è vincolante per tutte le parrocchie: nessun parroco potrebbe in questo caso contravvenire alla indicazione del suo vescovo e comportarsi in maniera diversa». 
Sulla proposta sono intervenuti anche don Antonio Riboldi, vescovo emerito di Acerra, e padre Fabrizio Valletti, superiore della comunità dei Gesuiti di Scampia. Il primo afferma: «Ai malavitosi dico: non fate da padrini e non lo impedite alle persone oneste. Lasciate stare i sacramenti. Questo non è un mercato, è la vigna di Dio». Il secondo dichiara: «I sacramenti non sono disgiunti da una vita di fede e di comunità: se questo non c’è, non solo non i malavitosi non possono fare da padrino a battesimi o cresime, ma non c’è neanche il sacramento, che diventa solo un appuntamento sociale».
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