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VIBO VALENTIA – Pizzini evocanti formule di riti di affiliazione ma anche di benedizione di locali in cui svolgere la cerimonia sono stati trovati questa mattina dai carabinieri nel corso di una perquisizione all’interno di un noto locale di abbigliamento di Vibo nel quale prestava servizio uno dei fermati dell’operazione “Insomnia”: Salvatore Furlano.

I militari guidati dal tenente Marco Califano e dal colonnello Daniele Scardecchia hanno rinvenuto il materiale dentro una scatola di scarpe unitamente a due pistole: una calibro 6,35 con matricola cancellata e una giocattolo priva di tappo rosso. Nel locale sito in pieno centro cittadino la vittima ha riferito di aver portato a Furlano, che svolge le mansioni di commesso, 15.000 euro in oro e gioielli riposti in una scatola di scarpe.

Tre dei fermati, inoltre, avevano messo in atto un piano per rintracciare l’imprenditore che avevano messo sotto usura e del quale non avevano più notizie da giorni cercando di adescare il figlio di 10 anni su Facebook. Per farlo avevano deciso di creare un profilo falso di una ragazzina e chiedere l’amicizia al minorenne, dopo di che, attraverso un software, individuare la posizione in cui questo si trovasse e recuperare le somme di denaro prestate, secondo l’accusa, ad usura. Ad agire sarebbero stati i fratelli Francesco e Gaetano Antonio Cannatà che si sarebbero inoltre rivolti ad un altro fermato, Alessandro Marando.

Gli stessi, avrebbero ipotizzato, di prendere contatti con la segretaria della scuola “Garibaldi”, frequentata dal figlio della vittima, in particolare per capire se fosse stato richiesto un nulla osta al trasferimento del bambino verso un altro istituto, temendo che l’imprenditore fosse stato trasferito in località protetta: «Eh! e questo è!…praticamente è un macchinario…che lo metti vicino al tuo telefono…no? fai il numero di questo cristiano…praticamente che succede…nel momento che chiami a questo…o è irraggiungibile…stacca la chiamata quando segna verde da qua! no? quando stacca verde…chiudi…dopo una decina di secondi…ti arriva un messaggio sul telefono con la posizione! hai capito? dov’è!…ti dice proprio la zona…dov’è!….suo figlio è su facebook?…devi trovare suo figlio! e fate un profilo di un bambino! e gli manda l’amicizia…e se..se vogliono parlare…suo figlio risponde…esce…esce il paese dove cazzo è!…da dove lo ha mandato!…che non so… perché se noi gli mettiamo la foto di una bambina… Con un profilo falso! …gli mandiamo l’amicizia…lui l’accetta il bambino…hai capito?».

L’operazione “Insomnia” fa luce su un vasto giro di usura ed estorsioni compiute, mediante il ricorso alle modalità mafiose, nelle province di Vibo Valentia e Reggio Calabria. La vittima è un commerciante di abbigliamento e di oggetti preziosi che, dopo due rapine fruttate ai malviventi, nel complesso, quasi 500.000 euro, ha avuto necessità di denaro per riavviare l’impresa. Le somme sono state prestate dal 2010 al 2014.

Secondo quanto appurato dagli investigatori, a garanzia degli interessi e del capitale, gli usurai si sono fatti consegnare due orologi Rolex, una partita di gioielli e pietre preziose, assegni e una scrittura privata che li ponesse al riparo da possibili denunce. Sempre secondo quanto si apprende, per ottenere i pagamenti, inoltre, i fermati hanno minacciato gravi ritorsioni ai danni del soggetto passivo e dei suoi familiari («Se ti vedo ti scasso la pancia»; «…per colpa tua sto facendo brutta figura con tutte le persone …vedi di onorare gli impegni presi altrimenti qui diventa come il giorno dei morti»; «…non ti azzardare a denunciarmi, altrimenti dove ti trovo ti spacco e tieni conto che ho anche quel pezzo di carta che mi tutela»).

Gli arrestati sono: Salvatore Furlano, 46 anni, di Vibo Valentia, commesso in un negozio di abbigliamento nel centro di Vibo e già arrestato più volte per usura ed estorsione; Damiano Pardea, 29 anni, di Vibo Valentia; Gaetano Cannatà, 40 anni, di Vibo Valentia; Francesco Cannatà, 38 anni, anche lui di Vibo; Alessandro Marando, 38 anni, di Rosarno; Giovanni Franzè, 52 anni, di Stefanaconi, già sorvegliato speciale e coinvolto in altre operazioni antiusura, destinatario nel 2012 di un provvedimento di sequestro del patrimonio ad opera della Dia per oltre un milione di euro.

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