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MILANO – In sostanza potrebbe uccidersi, quindi, deve andare ai domiciliari. Questa la decisione del tribunale del Riesame di Milano nei confronti del boss di ‘ndrangheta Giulio Lampada. Secondo i giudici, infatti, la sua «ulteriore permanenza» in «luoghi ritenuti persecutori e vissuti come ostili con molte probabilità» lo «indurrebbe» ad azioni rischiose per la sua «sopravvivenza». Alla base della decisione una perizia psichiatrica. 

Giulio Lampada, condannato ad oltre 14 anni in appello per associazione mafiosa (LEGGI LA NOTIZIA SULLA SENTENZA DI CONDANNA), dovrà quindi stare agli arresti domiciliari nella sua villa nel Milanese, perché «incompatibile» sia con il carcere che con la comunità terapeutica dove si trovava (LEGGI LA NOTIZIA SULLA DECISIONE DI SCARCERARLO E TRASFERIRLO IN CLINICA). 

La notizia del provvedimento è stata diffusa dal ‘Corriere della Sera’ che ha illustrato come nella perizia, disposta dal collegio presieduto dal giudice Paolo Micara e firmata dallo psichiatra Elvezio Pirfo, si legge che Lampada «sulla base di una personalità di tipo narcisistico-istrionica e dell’esistenza di idee prevalenti e dominanti ha sviluppato una sintomatologia depressiva non riconoscibile come malattia in senso stretto ma come un funzionamento psicopatologico». 

Secondo il perito, però, «le cure» prestate al boss nella clinica in cui era stato trasferito lo scorso anno non hanno «ottenuto gli effetti attesi» perché il suo «disfunzionamento mentale» si «risolve anche in malattia fisica». Il suo «stato morboso», poi, non è “trattabile» senza «l’adesione al programma di cure» che Lampada invece rifiuta, anche perché si ritiene vittima di una persecuzione. Da qui la concessione dei domiciliari in una villa che il presunto boss ha a Settimo Milanese.

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