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Il procuratore aggiunto di Milano Alessandra Dolci

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MILANO – La potenza e la forza pervasiva della ‘ndrangheta ormai è una realtà comprovata così come comprovata e la sua stabile organizzazione anche oltre i confini calabresi. Le evidenze di numerose indagini condotte in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e diverse altre aree del centro e nord Italia hanno sciolto qualsiasi dubbio sul ruolo predominante svolto dall’organizzazione criminale calabrese. La stessa procura di Milano nel 2017 ha evidenziato come la Lombardia sia diventata la copia speculare della Calabria in termini di organizzazione ‘ndranghetistica (LEGGI LA NOTIZIA).

La stessa Dia, nella sua relazione semestrale, ha evidenziato come la ‘ndrangheta sia diventata una organizzazione “versatile, opportunista e affarista” (LEGGI LA NOTIZIA), per poi aggiungere nel semestre successivo che la ‘ndrangheta è la minaccia pià evidente alla sicurezza nazionale, precisando come sia da ritenersi confermata «la ramificazione della criminalità organizzata calabrese, costantemente proiettata verso la moltiplicazione della ricchezza e l’esercizio del potere», così come è confermata la forte ritualità e il simbolismo dei processi di affiliazione che sono tuttora al centro del sistema di adesione alle ‘ndrine: «Le più recenti acquisizioni investigative – spiega la Dia – danno conto di quanto essi siano tuttora indispensabili per definire appartenenza e gerarchie interne, per rafforzare il senso di identità e dare “riconoscibilità” all’esterno, anche in contesti extraregionali e persino internazionali». 

GUARDA LE MAPPE PROVINCIALI CON L’ORGANIZZAZIONE DELLE COSCHE

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Ora ad aggiungere un nuovo inquietante tassello nella ricostruzione del sisema organizzativo della ‘ndrangheta al nord ci pensa Alessandra Dolci, procuratore aggiunto e coordinatore della Direzione distrettuale antimafia di Milano, parlando a Sondrio a un’assemblea pubblica su invito della Banca Popolare di Sondrio.

La Dolci ha, infatti, spiegato che «non parlo più di infiltrazione mafiosa al Nord, ma di colonizzazione. Agli studenti che incontro e mi domandano cosa possono fare per aiutarmi nella mia attività dico, innanzitutto, di avere cognizione di un problema. E dipingo un quadro allarmante e i giovani scoraggiati dicono ancora: “I politici rubano e corrompono, noi non abbiamo un futuro di lavoro qui e, quindi, non possiamo più stare in questo Paese”. Il contrasto alle mafie non si fa solo con magistrati e forze dell’ordine, ma tutti assieme e con coraggio. E nella mia attività mi sono trovata di recente ad avere a che fare anche con le nuove valute. Un arrestato di Platì (Reggio Calabria) per giustificare il suo patrimonio si è difeso così: ‘Queste somme le ho guadagnate grazie ai bit-coin’». 

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