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Le famiglie con una grande esposizione all’usura, con i conti in fallimento, sono aumentate, in dieci anni, del 53,5%, passando da 1 milione e 277 mila a quasi due milioni (1.959.433). La “Riserva economica”, ovvero il margine che si presenta nella disponibilità della famiglia, è diminuita infatti del 13%. Rispetto alla distribuzione geografica, con la minore esposizione all’usura troviamo nove province del nord-est, 11 del nord-ovest, 6 del centro-nord e la Capitale.

La grave esposizione all’usura, invece, riguarda tutte le province calabresi (Reggio e Crotone in modo particolarmente drammatico), 7 province siciliane, quelle pugliesi e Potenza per la Basilicata.

Solo Benevento e Avellino restano fuori dal campo delle maggiori crisi, pur collocandosi la provincia irpina appena fuori dell’area del rischio estremo. Sono alcuni dei dati emersi dalla ricerca presentata nel convegno a Milano, organizzato dalla Consulta Nazionale Antiusura Giovanni Paolo II, l’associazione legata alla Cei con sede a Bari.

«In questi anni di persistente crisi economica e finanziaria molte imprese e famiglie sono state attratte dal circuito illegale del credito», ha dichiarato Luciano Gualzetti, vice-presidente della Consulta Nazionale Antiusura Giovanni Paolo II.

«La ristretta politica creditizia del sistema bancario non ha fatto altro che incrementare il tasso di insolvibilità creando nel contempo degli spazi di domanda del credito non soddisfatta dal sistema creditizio legale in cui la criminalità organizzata si è infilata offrendo prestiti a caro prezzo che agli imprenditori in difficoltà nell’immediato sono apparsi utili alla sopravvivenza. L’opera delle Fondazioni Antiusura di collaborazione con le forze dell’ordine, della magistratura e delle istituzioni diviene, pertanto – sottolinea la stessa Consulta -, necessaria sia per proteggere famiglie e imprese dalle pressioni e dalle interferenze criminali, sia nell’ambito dell’attività di prevenzione e di affermazione della cultura della legalità».

La ripresa del fenomeno dell’usura, riguarda almeno tre componenti: le famiglie in condizione di povertà “tradizionale”; le famiglie (consumatrici e produttrici) che presentano un profilo di sovraindebitamento; le piccole e medie imprese che scivolano verso il fallimento per la progressiva e inarrestabile caduta della domanda di loro prodotti o servizi. «Non si può pensare di uscire dalla crisi con il fardello di una importante fetta della popolazione e della realtà delle imprese indebitata, a rischio usura o sotto usura», ha dichiarato Maurizio Fiasco, autore della ricerca.

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