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Un'operazione della guardia di finanza

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Associazioni Onlus collegate «a noti pluripregiudicati appartenenti alla ‘ndrangheta» e sarebbero state utilizzate per consentire a persone recluse di «accedere ai benefici di legge attraverso l’assunzione presso le predette cooperative».

Le onlus sarebbero state «sfruttate per fare ottenere a persone recluse, attraverso il rilascio di documentazione falsa, la concessione della misura alternativa alla detenzione da parte del magistrato di sorveglianza».

Sono questi i particolari che emergono nell’ambito dell’operazione “Fake Onlus” portata a termine dalla guardia di finanza di Lodi. L’inchiesta ha rivelato  la gestione economica illecita di un consorzio di onlus che opera nella gestione dell’emergenza migranti che ha partecipato, tra il 2014 e il 2018, a bandi indetti dalle Prefetture di Lodi, Parma e Pavia.

Sempre secondo quanto emerso, le persone coinvolte nell’inchiesta avrebbero usato per “scopi personali” oltre 4,5 milioni di euro dei circa 7,5 ottenuti illecitamente per “l’accoglienza dei migranti”. Si tratta di undici persone, rappresentanti legale di quattro onlus in provincia di Milano, arrestate nell’ambito dell’operazione: una in carcere, 5 ai domiciliari e 5 con obbligo di dimora.

I reati contestati sono associazione a delinquere, truffa allo Stato e autoriciclaggio. L’indagine, coordinata dai magistrati Ilda Boccassini e Gianluca Prisco, avrebbero anche consentito di accertare che le onlus avrebbero utilizzato falsi documenti per partecipare ai bandi pubblici per gestire l’accoglienza di centinaia di migranti.

Negli anni monitorati, che vanno dal 2014 sino ad oggi le Onlus e le Cooperative sociali indagate «hanno beneficiato, complessivamente, di somme pubbliche per oltre 7 milioni di euro ma la gestione economico-finanziaria ha permesso di far luce su un articolato e complesso sistema distrattivo di fondi pubblici», fa sapere la guardia di finanza.

Il legame che esiste tra le onlus al centro dell’indagine e alcuni pregiudicati per ‘ndrangheta è datato nel tempo. Vincenzo Andreone, comandante provinciale della Gdf di Lodi, ha spiegato che «il soggetto che è stato raggiunto da misura cautelare, ovvero l’indagata principale che è anche la promotrice e organizzatrice dell’associazione per delinquere, nel tempo aveva avuto contatti con pluripregiudicati in occasione dello svolgimento di lavori socialmente utili, intorno al 2002 e al 2003. E di lì i contatti si sono mantenuti». 

«Successivamente – ha aggiunto – abbiamo notato come le onlus indagate siano state utilizzate per permettere ad altri detenuti, segnalati dai pregiudicati, di produrre documentazione atta per farsi rilasciare dal magistrato di sorveglianza misure alternative alla detenzione».

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