X
<
>

Condividi:
2 minuti per la lettura

COSENZA – «Il 99 per cento dei magistrati in Italia sono persone oneste, ma anche in magistratura ci sono mele marce». E’ uno dei tanti argomenti toccati dal capo della Dda di Catanzaro Nicola Gratteri, ospite ieri sera a “Di Martedì” su La7. «Migliaia di calabresi stanno con me – ha aggiunto Gratteri, che poi, alla domanda sugli scarsi elogi ricevuti nel corso dell’inaugurazione dell’Anno giudiziario a Catanzaro, ha replicato – vuol dire che stiamo lavorando bene».

Subito dopo il procuratore ha spiegato che «far osservare i codici non significa essere manettaro, e che più che la cultura manettara, credo che ci sia una presunzione di impunità da parte di chi gestisce il potere. Il potere non vuole essere controllato».

A chi gli chiedeva invece dell’operazione Rinascita Scott e dei numero arresti che essa ha comportato (più di trecento), Gratteri ha risposto: «L’operazione che abbiamo condotto non è stata improvvisata dalla sera alla mattina. Le indagini sono partite nel maggio 2016, ci sono stati 3 anni di lavoro attento. Nessuno si alza la mattina con l’intenzione di arrestare un sindaco o persone che non c’entrano nulla. Negli ultimi tempi abbiamo alzato il tiro nelle indagini». A domanda del direttore del Giornale Alessandro Sallusti che ha chiesto se «mille arresti ingiustificati all’anno fossero una cifra fisiologica o un problema», Gratteri ha risposto: «No, non c’è un problema, è fisiologico». Lo stesso Sallusti ha poi chiesto se sarebbe entrato in un governo Salvini o in un governo Berlusconi, il procuratore capo di Catanzaro ha risposto: «Sì, certo, con carta bianca sì, con carta bianca sì».

Sul rapporto tra politica e mafia: «C’è un problema di qualità della classe dirigente. Purtroppo i professionisti affermati, la gente colta, dotta, non si impegna in politica, ha paura di sporcarsi, di rimanere invischiato. E quindi spesso, non sempre, ci sono dei mediocri o dei faccendieri che entrano in politica per fare affari, business, per gestire potere. Una volta – ha ricordato ancora Gratteri – erano i mafiosi che andavano a casa del politico a chiedere il posto per la vedova del figlio ucciso, oggi sono i politici, i candidati che vanno dai mafiosi a chiedere pacchetti di voti in cambio di appalti o altri benefici. Perché? Perché il politico sul territorio è presente solo pochi mesi prima delle elezioni, il capomafia è presente 365 giorni, quindi dà risposte, sbagliate, drogate, clientelari, ma dà risposte. La politica è assente»

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE