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Il Tar Calabria

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CATANZARO – Ci sono anche due Comuni intervenuti a sostegno della Regione e uno a favore del ricorso della Presidenza del Consiglio dei ministri nel procedimento pendente davanti al Tar della Calabria che domani dovrà decidere sull’ordinanza della discordia, quella con cui la governatrice forzista Jole Santelli ha disposto dal 30 aprile scorso la ripresa delle attività di bar, pasticcerie, ristoranti, pizzerie, agriturismo con tavoli all’aperto. Vediamo con quali argomentazioni entrano i Comuni nel giudizio.

In particolare, il Comune di Amendolara, in persona del sindaco Antonio Ciminelli, espressione di una lista civica, e difeso dagli avvocati amministrativisti Claudia Parise e Giancarlo Pompilio, al difetto di giurisdizione per la prospettazione di una lesione di attribuzioni costituzionali che farebbe rientrare la vicenda nella giurisdizione della Consulta, argomentazione, questa, già posta dagli avvocati della Regione (assistita dagli avvocati Oreste Morcavallo e Andrea Di Porto e Massimiliano Manna dell’avvocatura regionale), aggiungono che il provvedimento impugnato non cozza contro le disposizioni del Dpcm del 26 aprile ma le specifica in relazione alla situazione epidemiologica regionale. È lo stesso Dpcm che ammette ordinanze del ministro della Sanità e del presidente della giunta regionale e del sindaco, di carattere contingibile e urgente. Inoltre, gli avvocati Parise e Pompilio sollevano una nuova questione d’incostituzionalità del decreto legge 19 del 25 marzo 2020, che è la “normativa quadro” che dà vita ai Dpcm ed alle limitazioni previste, nella parte in cui ha attribuito al presidente del Consiglio il potere di limitare una serie di libertà costituzionalmente garantite. Ciò in quanto «paralizza illegittimamente qualsiasi tipologia di attività normativa e provvedimentale regionale diretta a far fronte ad una situazione emergenziale non solo sanitaria ma anche economica e sociale consequenziale, tra le quali rientra proprio l’ordinanza oggetto di odierna impugnazione». I legali condividono i dubbi di diversi costituzionalisti sulla legittimità dell’impianto ideato dal Governo teso ad attribuire in capo al solo presidente del Consiglio la gestione dell’emergenza bypassando i luoghi istituzionali per l’espressione democratica.

Il sindaco di Tropea, Giovanni Macrì, di FI, ha, invece, affidato all’avvocato Giovanni Spataro e al costituzionalista Renato Rolli il ricorso (LEGGI LA NOTIZIA DELL’ANNUNCIO DEL SINDACO) con cui sostengono che il Comune di Tropea vanti un interesse attuale e concreto all’intervento nel giudizio in quanto rappresenta «il centro vivo di un comprensorio a forte vocazione turistica, vero motore dell’intera economia calabrese e che, ogni anno, vede la massiccia e numerosa presenza di turisti, che dai primi giorni di aprile fino a tutto il mese di settembre, ne apprezzano le bellezze artistiche, storiche, ma soprattutto naturali». Quest’anno, tuttavia, «la chiusura forzata per attenuare i contagi da Covid-19 ha avuto effetti devastanti sull’intero turismo locale, ma ha inciso fortemente proprio su quelle località che, come la ridente cittadina di Tropea, hanno visto completamente azzerate le presenze (programmate come ogni anno numerosissime) per i mesi di aprile e maggio». Ebbene, secondo il Comune di Tropea, «l’ordinanza adottata dalla Regione Calabra non ha fatto altro che dare avvio ad una apertura allo svolgimento di libertà individuali, consentendo lo spostamento personale, la riapertura, fra le altre, delle piccole imprese nonché delle attività di ristorazione, ponendo limiti e misure atte ad evitare comunque sia assembramenti (con consumazioni possibili sono all’esterno e con le misure di distanza minime garantite), in perfetta armonia con le previsioni governative».

L’intervento ad adiuvandum del Comune di Reggio Calabria, guidato dal sindaco Pd Giuseppe Falcomatà, e rappresentato dall’avvocato Emidio Morabito, viene motivato con difetto di motivazione e d’istruttoria, eccesso di potere e violazione dei principi di precauzione e di leale collaborazione dell’ordinanza regionale, «assunta senza la necessaria preliminare interlocuzione con le autorità governative» e che «non si prefigge di integrare la disciplina statale ma si sovrappone alla stessa e mira a contrastarla, rendendola, limitatamente alla disposizione per la quale si controverte, inefficace a livello locale». Nell’adottare il Dpcm, per il Comune reggino, il Governo ha rispettato il principio di leale collaborazione avendo preventivamente sentito il presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome. Intanto, anche il Codacons sta preparando un atto d’intervento a sostegno del governo.

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