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Il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri

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CATANZARO – «I tempi della politica non c’entrano. Noi abbiamo saputo che dovevano arrestare l’assessore Talarico, assieme agli altri, quando è arrivata l’ordinanza del gip, all’inizio di gennaio, a un anno di distanza dalla nostra richiesta e a sei mesi dall’ultima integrazione. Le elezioni in Calabria erano fissate per il 14 febbraio, avremmo aspettato il 15 per non interferire sulla campagna elettorale, ma poi sono state rinviate ad aprile: non potevo lasciare arresti in sospeso per decine di persone altri tre mesi».

Così il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri sul Corriere della sera parla dell’inchiesta (LEGGI) in cui è coinvolto anche Cesa dell’Udc considerato nel limbo dei “responsabili” per la sopravvivenza di questo governo: «Io fino all’altra sera gli ho sentito dire in tv che lui e l’Udc non sarebbero entrati nella maggioranza».

«Noi ci basiamo sui fatti riscontrati e dobbiamo procedere con le verifiche, perché quest’inchiesta rappresenta un ulteriore passo avanti nell’evoluzione della ‘ndrangheta nelle sue relazioni con il potere», che porta «un’organizzazione criminale a entrare nei salotti buoni della società grazie a imprenditori, avvocati, notai. Ci sono rapporti diretti con la pubblica amministrazione, coltivati da professionisti che hanno piena consapevolezza di avere interlocutori espressione della criminalità».

E in un’intervista su la Repubblica offre una sintesi di questo pensiero: «È quello che avevamo visto arrivare venti anni fa: la ‘ndrangheta che si traveste da imprenditore. E bussa alla politica. E la politica, per lo meno un pezzo importante di essa, risponde. Aprendo la porta; ci troviamo di fronte la ‘ndrangheta che spara di meno e corrompe di più. Ci sono sempre più reati che riguardano il potere politico e sempre più reati che riguardano il potere economico. ‘Ndrangheta e massoneria deviata controllano interi settori della sanità calabrese».

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Servirebbe «una rivoluzione del codice di procedura penale e del regolamento penitenziario che inasprisca le pene – conclude – le nostre indagini dimostrano che delinquere è ancora troppo conveniente».

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