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CATANZARO – Dici Covid in Calabria, dici Delta. A solo un mese dalla rilevazione dei primi casi di variante Delta – a fine giugno erano solo nelle province di Cosenza e di Reggio Calabria – il nuovo report coordinato dall’Iss, dal Ministero della Salute e dalla Fondazione Bruno Kessler certifica che quasi l’intera schiera di contagi rilevati in Calabria (stando al rapporto statistico) può ormai considerarsi determinata dall’ex variante indiana.

Così veloce nella trasmissione tanto da soppiantare letteralmente la variante inglese, che pure aveva spaventato in inverno per la sua capacità di trasmettersi più velocemente rispetto al ceppo originario.

L’83,3% dei campioni sequenziati è riconducibile oggi alla mutazione che sta determinando la netta risalita dei contagi nel mezzo di un’estate rovente, a conferma che la pandemia non ha regole precise.

La percentuale, che è di poco sotto la media nazionale del 94,8%, non deve però incoraggiare, né ingannare. A spiegarlo al Quotidiano del Sud è stato il dottor Pasquale Minchella, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale Pugliese, responsabile per la Calabria dell’attività di sequenziamento.

«Possiamo immaginare che anche qui la Delta circoli sopra il 90% – ha chiarito – perché quello analizzato è un campione statistico basso, di 12 tamponi. 10 sono risultati positivi alla variante Delta e 2 alla “ex brasiliana”. Bastava molto poco dunque per spostare in alto la percentuale. Si può inoltre affermare ormai che la variante Delta sia diffusa omogeneamente su tutto il territorio regionale, senza differenze fra province».

Questi dati certificano una realtà che era invero già ampiamente immaginabile. Solo negli ultimi cinque giorni, infatti, i contagi su base regionale sono raddoppiati rispetto ai primi cinque giorni della scorsa settimana.

Altro dato non incoraggiante è quello delle ospedalizzazioni, che sono cresciute di 11 unità negli ultimi cinque giorni, portando il tasso di occupazione dei posti letto in area medica attorno al 9% e quindi non molto lontano dalla soglia del 15%.

Da un lato può essere rilevante anche la percentuale di vaccinazioni ben più bassa rispetto alla media nazionale, che fa arrancare l’obiettivo dell’immunità di popolo. «Si sono registrate le prime infezioni tra i soggetti vaccinati – ha proseguito Minchella – ma non è un dato particolarmente allarmante in quanto non si stanno registrando forme di infezione grave».

Certo è che può rischiare maggiormente chi ha anche altre patologie ma la vaccinazione resta lo strumento fondamentale per contrastare il virus e lo dimostra anche il dato sui decessi. «Si dovrà capire – ha proseguito Minchella – se e quando sarà necessaria una terza dose. La vaccinazione è centrale per perseguire l’obiettivo della trasformazione della pandemia in endemia».

Un’infezione presente ma non al punto da determinare problemi di particolare pressione sul sistema sanitario. In questa fase resta però cruciale l’attività di sequenziamento. «Quello di questo mese è il primo report che abbiamo curato in completa autonomia, senza inviare parallelamente i tamponi a Portici. Un passo avanti per il nostro laboratorio in cui l’amministrazione ha sempre creduto, sin da quando ha ampliato la capacità quotidiana di esame dei tamponi. Ad oggi sequenziamo circa 50 test a settimana ma molto presto riusciremo a raddoppiare la potenzialità perché è in arrivo un nuovo macchinario».

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