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Una corsia d'ospedale

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COSENZA – Su quattromila operatori sanitari che mancano in Calabria si è fatto poco o nulla negli ultimi due anni. Lo dimostra l’ennesimo aggravarsi della situazione.

Gli ospedali covid annunciati da Spirlì restano inattivi, le Asp a fatica cercano di riorganizzarsi alle prese con una cronica carenza di personale, gli ospedali non possono più essere riconvertiti a soli centri di gestione dell’emergenza come accaduto negli ultimi anni, i posti letto aggiuntivi sono pochissimi perché il personale non c’è.

C’è una Calabria che ha investito pochissimo persino quando si poteva. In alcuni casi, come quello recentissimo di Gioia Tauro, la situazione rischia di compromettere persino la riapertura dei reparti covid. Il cavillo è che i medici a tempo determinato chiamati per fronteggiare l’epidemia possono essere impiegati solo in questo ambito e per un periodo limitato. All’inizio dell’estate con la chiusura dei reparti e l’abbassamento della pressione all’interno delle strutture non era necessario impiegarli ma impossibile trasferirli ad altre mansioni.

Stando ai dati aggiornati a maggio, in Calabria sono state chiamate in servizio 1.474 persone. Dei 325 medici chiamati a fronteggiare l’emergenza Covid soltanto 17 sono stati stabilizzati a tempo indeterminato. Sui 735 infermieri invece 18 hanno avuto un contratto a tempo indeterminato.

A mancare non sono certamente i fondi. Alla fine del 2020 nei cassetti di Asp e aziende ospedaliere c’erano oltre 50 milioni degli 83 totali stanziati dal Governo per procedere alle assunzioni: più precisamente 50 milioni e 625mila euro su 83 milioni 722mila euro disponibili. Ma non è soltanto una questione di Covid, prima o poi si dovrà tornare alla normalità e la mappa delle carenze resta gravissima.

Il caso dell’estate (a dire la verità di tutte le stagioni estive) è quello della mancanza di medici all’interno delle ambulanze del 118. E’ una condizione che in realtà va avanti tutto l’anno e certifica una cronica carenza di dottori specializzati in medicina d’urgenza.

E’ una delle branche più richieste (e introvabili) in Calabria assieme a quella degli anestesisti.

L’Asp di Cosenza pochi giorni fa ha pubblicato un avviso rivolto ai dottori convenzionati che hanno intenzione di spostarsi in zone carenti. Stando ad una stima dell’Anaao l’area della medicina d’urgenza in Calabria avrebbe bisogno di circa 250 persone per compensare il “vuoto” lasciato durante questi anni di commissariamento. Il problema è che non sarà facile recuperare questo gap, non almeno in tempi brevi.

Da questo punto di vista è la politica, la stessa che in questi due anni ha investito poco e nulla, a dover fare un passo importante soprattutto sulle borse di studio. Individuare gli ambiti carenti (Anestesia, chirurgia, pediatria, ginecologia e urologia) e avviare un piano di risanamento delle specializzazioni in Calabria.

Il paradosso, sollevato nel dibattito tra candidati proprio dal segretario regionale Anaao Assomed Filippo Larussa, è che in Calabria è impossibile specializzarsi in medicina d’urgenza perché il policlinico universitario non ha un pronto soccorso: “unico caso al mondo”.

Le carenze principali riguarderanno nei prossimi anni la medicina d’urgenza con 245 medici, l’anestesia e rianimazione con 63 medici, la ginecologia con 51 medici, la chirurgia generale con 90 medici, la pediatria con 150 medici e la psichiatria con 90 medici. A questo bisogna aggiungere gli infermieri, oltre 3mila e 500 posti vuoti.

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