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Concluse le indagini nei confronti degli amministratori della Soakro: le contestazioni vanno dall’abuso d’ufficio alla bancarotta fraudolenta

CROTONE – I finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Crotone, su disposizione della Procura della Repubblica di Crotone, hanno notificato gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari a 15 amministratori della Soakro spa, società per la gestione del servizio idrico nella provincia di Crotone.

I reati contestati sono quelli false comunicazioni sociali, abuso d’ufficio e, a seguito della declaratoria di fallimento, bancarotta fraudolenta.

L’operazione denominata «Acqua chiara» è stata coordinata dalla Procura della Repubblica di Crotone. Rilevata una serie di affidamenti illegittimi nel periodo 2011-2015. Sarebbero stati stipulati diversi contratti di cottimo fiduciario e lavori di somma urgenza, che non potevano essere essere considerati singolarmente e che, superando il limite di 40 mila euro, andavano concessi attraverso le normali procedure e nel rispetto dei principi di trasparenza, rotazione e parità di trattamento.

Il totale dei contratti illegittimi ammonta a oltre 11 milioni di euro.

Dopo la sentenza di fallimento della società, emessa nel gennaio scorso dalla sezione fallimentare del Tribunale di Crotone, gli investigatori si sono concentrati su possibili condotte relative a reati fallimentari. Le indagini hanno permesso di rilevare che, nel corso degli anni dal 2010 al 2015, la società ha posto in essere una serie di condotte che hanno generato un aumento dell’esposizione debitoria complessiva per oltre 50 milioni di euro, tipiche della bancarotta fraudolenta. I dirigenti della società inoltre sono accusati di aver distratto fondi pubblici ricevuti da progetti cofinanziati dall’Ue per 710 mila euro. Inoltre, sono state sostenute spese per manutenzioni a rete idrica per oltre 18 mila euro affidando i lavori ad un’azienda il cui Durc non era valido. 

Nell’ambito dei reati contestati ai dirigenti della Soakro, l’indagine Acqua Chiara ha fatto emergere anche la distrazione  di somme per oltre quasi 542 mila euro. Secondo le accuse, negli anni dal 2011 al 2015, la società ha conferito un incarico di consulenza, privo di qualsiasi ragione economica, in quanto i relativi compensi sono stati erogati nei confronti di una società il cui amministratore, sulla base dell’attività ispettiva eseguita, è risultato aver svolto funzioni di amministratore “di fatto” della società controllata. Pertanto, per i finanzieri, tali compensi, per un ammontare complessivo di 470.738 euro erano piuttosto legati a quest’ultima funzione che non alla “formale” consulenza affidata alla sedicente società di consulenza. Inoltre, negli anni 2013 e 2014, la società, ha  erogato premi in denaro (una tantum e connessi al raggiungimento di determinati obiettivi) per oltre 71 mila euro che sono risultati essere privi di qualsiasi ragione economica, oltretutto perché gli obiettivi non sono stati raggiunti

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