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La conferenza stampa con il procuratore Gratteri

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CROTONE – Le cosche della provincia di Crotone erano pronte a scatenare una nuova guerra di mafia per assicurarsi il controllo del territorio. E il primo omicidio doveva avvenire entro Natale.

È quanto ha accertato la Polizia al termine di un’inchiesta, l’operazione Tisifone, coordinata dalla Dda di Catanzaro che ha portato all’arresto di diversi esponenti di spicco delle famiglie della ‘ndrangheta crotonese.

Le misure sono scattate nei confronti di vari esponenti delle cosche di Isola Capo Rizzuto, Crotone e Petilia Policastro accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, tentato omicidio, estorsione, tentata rapina, incendio, porto e detenzione illegale di armi e munizioni. Gli arresti sono stati eseguiti dagli uomini della squadra mobile di Crotone e del Servizio centrale operativo con il supporto delle squadre mobili di Catanzaro, Taranto, Mantova e dei reparti prevenzione crimine di Cosenza, Vibo Valentia e Siderno. 

LA SCHEDA: I NOMI DELLE PERSONE COINVOLTE

Sono ventuno i fermi disposti con decreto d’urgenza dalla Dda di Catanzaro nell’ambito dell’operazione chiamata in codice “Tisifone”. Gli uomini della squadra mobile hanno, dunque, bloccato gli omicidi che avrebbero potuto scatenare una guerra fra i clan. Si tratta di fatti di sangue, sostengono gli inquirenti, «in avanzata fase di pianificazione» che hanno indotto la procura catanzarese ad agire tempestivamente.

I fermi hanno riguardato esponenti della ‘ndrangheta di Isola Capo Rizzuto ed i loro alleati nei diversi centri della provincia. Nel territorio crotonese sarebbe maturati nuovi equilibri intorno alle attività illecite che avrebbero determinato contrasti fra le cosche. 

 L’omicidio già pronto

Nell’atto firmato dai pm della Dda, si parla della «programmazione dell’omicidio in danno di Salvatore Capicchiano». Dagli atti dell’ordinanza emerge che gli indagati hanno in diverse circostanze fatto riferimento alla scadenza del prossimo Natale per l’esecuzione del feroce delitto programmato, «sia dalla parte della cosca Nicoscia sia dalla parte della stessa famiglia Capicchiano».

Nelle intercettazioni «gli stessi protagonisti della vicenda sottolineavano il fatto che era da circa un anno che l’azione era stata rimandata e non più differibile». 

Le nuove dinamiche criminali

L’inchiesta ha fatto luce sulle nuove dinamiche criminali operanti sul territorio di Isola di Capo Rizzuto dopo le precedenti operazioni di polizia, in particolare l’operazione Jonny che ha colpito decine di persone riconducibili al locale di ‘ndrangheta degli Arena e i suoi vertici.

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L’indagine, coordinata dalla Dda di Catanzaro, ha permesso di svelare le nuove alleanze, i nuovi equilibri che si sono venuti a creare o che si stavano creando all’interno del comprensorio, ma soprattutto ha fatto emergere le nuove tensioni che, dopo i numerosi arresti operati, stavano emergendo dettati dalla volontà di imporre il proprio potere e controllo sul territorio. In particolare sono emersi due fronti contrapposti, da un lato i Capicchiano, con a capo Salvatore Capicchiano, desiderosi di affermare il loro monopolio nella gestione del settore delle gioco illegale mediante l’imposizione e la gestione delle loro slot machine in diversi bar ed esercizi commerciali, dall’altro i Nicoscia con al vertice Antonio Nicoscia Antonio, figlio di Pasquale alias Macchietta, i Manfredi e i Gentile non concordi su tale esclusività.

La conseguenza di questi attriti è stata un’escalation di violenza che ha visto entrambe le parti contrapposte in diverse occasioni ipotizzare di pianificare degli omicidi ai danni della fazione opposta e sventati dall’intervento della polizia. Ed è stata proprio la pianificazione degli omicidi a portare all’accelerazione dell’indagine con l’adozione dei provvedimenti.

Documentati i riti di affiliazione

L’indagine ha documentato i rapporti intercorsi tra le diverse famiglie di ‘ndrangheta e in particolare con la cosca Megna di Papanice e con le cosche del Petilino e i riti di affiliazione finalizzati al rafforzamento delle organizzazioni criminali.

In particolare, oltre agli «affari» tra i Nicoscia la cosca Megna, con l’estorsione e l’imposizione di un servizio di sicurezza e guardiania ai danni di un noto locale sito a Le Castella, ha rivelato anche la celebrazione di diversi riti di affiliazione, che hanno visto partecipare secondo precisi rituali, i vertici di clan come Grande Aracri, Arena, Gentile, Lentini.

Gratteri: la guerra dopo l’operazione Jonny

Il capo della Squadra mobile Nicola Lelario, nel corso della conferenza stampa, ha sottolineato che «la guerra di mafia non era una possibilità peregrina ma concreta. I postumi dell’operazione Jonny si sono fatti sentire – ha aggiunto – e le famiglie di ‘ndrangheta hanno cercato di tornare sul territorio». Il procuratore Gratteri, invece, si è soffermato sul fatto che si tratta di «una guerra di mafia nata all’indomani dell’operazione Jonny che aveva messo a dura prova la pax mafiosa tra le famiglie crotonesi».

«Noi sappiamo che l’operazione Jonny – ha sostenuto il procuratore aggiunto Vincenzo Luberto – è stata necessaria e pericolosa anche perché ha disvelato l’esistenza di un continuo afflusso di capitali verso la galassia delle cosche di Isola Capo Rizzuto. Almeno sei famiglie si contendevano il territorio fino a quando non è arrivata la manna del Cara. Interrotta la manna, le cosche hanno cominciato a contendersi l’unico settore vitale: le scommesse on line, affare che la famiglia Capicchiano aveva deciso di monopolizzare».

Gratteri: nessuno vuole colpevolizzare la Calabria

Gratteri ha anche respinto alcune voci sul ruolo della Procura e sulle indagini avviate negli ultimi tempi: «Che nessuno si permetta più di dire che noi vogliamo criminalizzare la Calabria. Noi siamo calabresi, non abbiamo abbandonato questa terra perché la amiamo. E la vita che conduciamo ne è la prova». 

«Abbiamo investito in uomini e mezzi di primissimo piano – ha aggiunto Gratteri – è cominciata una partita che nessuno fermerà, con o senza Nicola Gratteri. Abbiamo dalla nostra il fatto che il capo della Polizia abbia preso a cuore il distretto di Catanzaro. Ai vertici delle quattro Squadre mobili abbiamo i migliori dirigenti. Lavoro con uomini dediti al loro mestiere, non frequentano salotti e non fanno passaggi in barca».

Le reazioni agli arresti

Il sottosegretario all’Interno Luigi Gaetti ha affermato: «Con gli arresti di oggi si dà così un duro colpo alle famiglie della ‘Ndrangheta di Isola Capo Rizzuto. Le cosche della provincia di Crotone erano pronte a scatenare una nuova guerra di mafia per assicurarsi il controllo del territorio. E’ quanto ha accertato la Polizia al termine di un’inchiesta coordinata dalla Dda di Catanzaro che ha portato all’arresto di alcuni esponenti di spicco delle famiglie della ‘Ndrangheta crotonese». 

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