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CROTONE – Dopo che il 28 aprile 2016 il giudice per l’udienza preliminare di Bologna, Francesca Zavaglia, aveva emesso la sentenza di primo grado in abbreviato nei confronti di 86 imputati dell’operazione Aemilia (LEGGI LA NOTIZIA) pronunciando 58 condanne, fino ad un massimo di 15 anni, e dopo la pubblicazione delle cui motivazioni che avevano chiarito l’attività e gli interessi della ‘ndrangheta calabrese in Emilia Romagna (LEGGI LA NOTIZIA SULLE MOTIVAZIONI DELLA CONDANNA) c’era grande attesa per l’esito del giudizio d’appello.

Le aspettative dell’accusa, rappresentata in primo grado dai pubblici ministeri Beatrice Ronchi e Marco Mescolini e in secondo grado dai Procuratori generali Umberto Palma e Nicola Proto, non sono state tradite in quanto i giudici di Bologna hanno sostanzialmente confermato l’impianto accusatorio e la sentenza di primo grado, con in più la novità della condanna a quattro anni di Giuseppe Pagliani, consigliere comunale di Forza Italia a Reggio Emilia, in precedenza assolto.

A scegliere l’appello erano stati 60 imputati, a suo tempo Pagliani era stato assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, ma i pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia aveva fatto appello e i giudici della terza sezione penale hanno riformato la sentenza.

Conferma, invece, del proscioglimento per prescrizione della corruzione elettorale per l’altro politico coinvolto, l’ex assessore Pdl di Parma, Giovanni Paolo Bernini: anche per lui la Procura aveva impugnato.

Dimezzata la pena per l’imprenditore Giuseppe Giglio, da 12 a 6 anni, in seguito al riconoscimento dell’attenuante per la collaborazione di giustizia.

L’operazione Aemilia, che a gennaio 2015 portò a 117 arresti e oltre 200 indagati (LEGGI LA NOTIZIA CON I DETTAGLI DELL’OPERAZIONE), è stata la più imponente contro la criminalità organizzata in Emilia Romagna, individuando un’associazione di tipo ‘ndranghetistico autonoma, legata alla ‘ndrina Grande Aracri di Cutro, ma con epicentro nel Reggiano.

Intanto a Reggio Emilia è in corso il dibattimento per circa 150 imputati (LEGGI LA NOTIZIA DEL RINVIO A GIUDIZIO), ma la maggior parte dei capi, degli organizzatori e dei concorrenti esterni aveva optato per l’abbreviato.

Tra le sentenze confermate ci sono dunque quelle a carico di Nicolino Sarcone (15 anni), Alfonso Diletto (14 anni e due mesi), Antonio Silipo (14 anni), Romolo Villirillo (12 anni e due mesi), Francesco Lamanna (12 anni), Antonio Gualtieri (12 anni) e Nicolino Grande Aracri (sei anni e otto mesi), il capocosca che in questo processo non rispondeva di associazione mafiosa. Conferma anche per le condanne della fiscalista bolognese Roberta Tattini (otto anni e otto mesi), i poliziotti Domenico Mesiano e Antonio Cianflone (otto anni e sei mesi), il giornalista Marco Gibertini (nove anni e quattro mesi), l’ex capo ufficio tecnico del Comune di Finale Emilia Giulio Gerrini (due anni e quattro mesi). I giudici hanno invece condannato Michele Colacino, assolto in primo grado, a quattro anni e otto mesi: sia lui che Pagliani sono stati interdetti dai pubblici uffici per cinque anni e gli è stato applicato un anno di libertà vigilata, a pena espiata; altre posizioni hanno subito lievi modifiche.

Sono stati assolti Vincenzo Spagnolo (aveva una condanna ad un anno e otto mesi) e Alfonso Patricelli (condannato in primo a un anno e quattro).

Conferma anche per i risarcimenti alle parti civili, liquidati in primo grado per oltre due milioni di euro a Regione Emilia Romagna (600mila euro), Comune e Provincia di Reggio Emilia, comuni reggiani di Gualtieri, Bibbiano, Reggiolo, Montecchio, Brescello, poi Cgil, Cisl, Uil, Libera, Aser e Ordine dei giornalisti Emilia-Romagna.

Il commento del Procuratore

«Al di là della specifica posizione, il riconoscimento del concorso esterno vuol dire che è stato dimostrato quel che da tempo si dice: cioè che il fenomeno criminoso si contraddistingue per la presenza di una zona grigia, più o meno ampia, dove entrano politici, esponenti dell’imprenditoria, delle attività professionali che dall’esterno danno un contributo».

Ha espresso così soddisfazione il procuratore di Bologna Giuseppe Amato, coordinatore della Dda. Il secondo grado ha visto confermare in gran parte le condanne pronunciate in primo grado, a cui si è aggiunta quella di un politico inizialmente assolto, il consigliere comunale di Forza Italia a Reggio Emilia, Giuseppe Pagliani. La presenza di questa zona grigia «è l’aspetto più inquietante – ha proseguito – su cui si deve incidere. Sia sul piano della prevenzione e repressione che su quello della percezione generale della collettività, rispetto a forme di criminalità che depauperano il patrimonio di un territorio. Amato ha evidenziato, inoltre, il fatto che i giudici «hanno valorizzato il contributo del collaboratore», cioè l’imprenditore Giuseppe Giglio. «Mi fa anche piacere – ha aggiunto – che il processo abbia testimoniato la risposta della collettività dell’Emilia-Romagna, con una presenza abbondante di anticorpi per il contrasto. Non è facile sconfiggere questa criminalità in una regione ricca, dove può attecchire, attirata dalla possibilità di investire. Ma se ci sono anticorpi ci si può ribellare. E poi c’è la politica sana che è la stragrande maggioranza, con attenzione al fenomeno e iniziative che ci fanno essere ottimisti, con attenzione e cautela». Amato è dunque «contento per il mio ufficio, per il gran lavoro dei Pm Marco Mescolini e Beatrice Ronchi, che hanno fatto bene, a prescindere da come sarebbe andata». 

Il commento dei legali

La sentenza di appello degli abbreviati di Aemilia «è quello che ci aspettavamo come parte civile». Ha commentato l’avvocato Alessandro Gamberini, legale di parte civile che rappresenta la Regione Emilia-Romagna, a cui è stato confermato un risarcimento di 600mila euro nel maxi-processo di ‘Ndrangheta. Rispetto alla condanna di Giuseppe Pagliani, consigliere comunale di Forza Italia di Reggio Emilia, Gamberini, parlando con i giornalisti fuori dalla Corte di Appello di Bologna, ha sottolineato «il problema di forme di contiguità a fenomeni mafiosi che alcuni politici hanno ritenuto, per interessi loro, di coltivare».

Soddisfatto anche l’avvocato Luigi Li Gotti, difensore di Giuseppe Giglio, con pena dimezzata da 12 a 6 anni per l’attenuante legata al suo stato di pentito. «È stato riconosciuto – ha detto Li Gotti – il valido contributo collaborativo, dichiarativo, e quindi c’è stato lo sconto di pena collegato all’attenuante speciale. E questo è molto importante. Ci riteniamo soddisfatti della posizione, e anche in generale perché la sentenza di appello conferma la realtà di questa infiltrazione perniciosa della mafia in Emilia-Romagna».

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