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CROTONE – Vasta operazione contro il clan capeggiato dal boss Nicolino Grande Aracri di Cutro. Sono in totale 161 tra arresti e fermi i provvedimenti scattati in tutta Italia. Nello specifico i carabinieri di Crotone hanno eseguito un fermo contro 37 presunti esponenti dei “locali” di ‘ndrangheta di Cutro e Isola Capo Rizzuto emesso dalla Dda di Catanzaro.

Contestualmente, i carabinieri di Piacenza, Modena e Mantova hanno eseguito oltre 100 arresti in esecuzione di un fermo emesso dalla Dda di Brescia e un’ordinanza di custodia cautelare emessa dalla Dda di Bologna.

Dalle indagini è emerso che la struttura di ‘ndrangheta capeggiata da Grande Aracri, attualmente detenuto col regime carcerario duro, controllava un’ampia area geografica che si estendeva fino alla provincia di Catanzaro e aveva stretti collegamenti con gruppi operanti nel resto della provincia di Crotone, in Emilia Romagna, Lombardia e Veneto. Le accuse sono di associazione mafiosa, omicidi, armi, estorsione, rapine e altro. Oltre che di infiltrazione nella ricostruzione post terremoto in Emilia

LA NUOVA “PROVINCIA” – Nicolino Grande Aracri aveva messo in piedi una nuova “provincia” di ‘ndrangheta, del tutto simile a quella di Reggio Calabria, ma capace di estendersi nei territori di quattro province. A lui era stata riconosciuta la leadership, grazie anche ad alleanze e rapporti stretti con diversi “locali”. Una conquista partita dalla Calabria e allargata anche alle regioni del centro-nord

UNA OPERAZIONE STORICA – Non usa mezzi termini il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti per il quale quello messo a segno è «un intervento storico, senza precedenti. Imponente e decisivo per il contrasto giudiziario alla mafia al nord. Non ricordo a memoria un intervento di questo tipo per il contrasto a un’organizzazione criminale forte e monolitica e profondamente infiltrata».

ARRESTATO ANCHE IL PADRE DI IAQUINTA – C’è anche Giuseppe Iaquinta, padre dell’ex attaccante della nazionale, tra gli arrestati per il reato 416 bis nella maxi operazione ‘Aemilia’ messa a segno dalla Dda di Bologna. L’uomo, imprenditore edile titolare di un’azienda di Reggiolo, è stato colpito da una misura cautelare in carcere, ed è accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso.

FU ASCOLTATO ANCHE IL SOTTOSEGRETARIO DELRIO – Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio fu sentito «come persona informata sui fatti» nelle indagini della Dda. Lo ha spiegato il procuratore capo di Bologna Roberto Alfonso. Delrio, ex sindaco di Reggio Emilia, fu sentito nel 2012. «Volevamo capire in che tipo di considerazione la società di Reggio Emilia teneva la comunità calabrese» ha detto Alfonso, aggiungendo che oltre a Delrio furono sentiti altri politici reggiani.

IN MANETTE UN POLITICO – C’è anche il consigliere comunale di Reggio Emilia Giuseppe Pagliani (Forza Italia) tra gli arrestati nella maxi operazione “Aemilia” contro la ‘ndrangheta. I carabinieri lo hanno prelevato all’alba dalla sua abitazione di Arceto di Scandiano (Reggio Emilia).

I FRATELLI DEL BOSS – Coinvolti nell’operazione cci sono anche i fratelli del boss già detenuto Nicolino Grande Aracri, Domenico ed Ernesto. Domenico, che è un avvocato penalista, è stato arrestato in esecuzione di una delle 117 ordinanze di custodia cautelare emesse su richiesta della Dda di Bologna, mentre Ernesto è uno dei destinatari dei 37 provvedimenti di fermo emessi dalla Dda di Catanzaro. L’avvocato, fino ad oggi incensurato, si sarebbe occupato degli affari apparentemente “puliti” della cosca.

RICOSTRUITI OMICIDI – L’inchiesta crotonese ha permesso di ricostruire un omicidio e due tentati omicidi avvenuti nel 2004 a Cutro: quello di Antonio Dragone classe 43, il contestuale tentato omicidio di Giovanni Spadafora e Antonio Ciampà, avvenuti con un agguato sulla strada provinciale tra Crotone e Cutro. Gli ultimi due si trovavano a bordo di una vettura blindata e dopo essere finiti fuori strada a causa dello scontro a fuoco ingaggiato con i Grande Aracri riuscivano a dileguarsi salvandosi dall’imboscata

ESTORSIONI IN MEZZA CALABRIA – Decine le estorsioni ricostruite e che riguardano i territori di Crotone e Catanzaro, dove la cosca aveva esteso i suoi interessi. Nel mirino soprattutto i villaggi turistici della fascia ionica.

L’AVVOCATO E IL MONSIGNORE – Nell’indagine è coinvolto anche un avvocato di Roma, Benedetto Giovanni Stranieri, accusato di avere avvicinato ambienti della Corte di Cassazione per ottenere decisioni favorevoli per il clan. Indagini anche su un monsignore che si sarebbe impegnato per trasferire un detenuto.

AFFARI IN ALGERIA – Per riciclare il denaro sporco la cosca di Cutro aveva avviato un progetto in Algeria con una polizza fideiussoria di 5 milioni di euro necessaria per la costruzione di un complesso immobiliare di 1.182 alloggi.

I CATANZARESI – Ci sono anche tre catanzaresi tra le persone arrestate nella maxi retata. Si tratta di Gennaro Mellea e di Matteo Mazzocca e Giuseppe Celi.

PRESO IL BOSS SARCONE – Tra le persone finite in manette figurano diversi imprenditori calabresi, alcuni già noti alle forze dell’ordine, tra cui Nicolino Sarcone, considerato anche da indagini precedenti il reggente della cosca su Reggio Emilia. Sarcone, già condannato in primo grado per associazione mafiosa, è stato recentemente destinatario di una misura di prevenzione patrimoniale che gli aveva bloccato beni per 5 milioni di euro.

IL GIORNALISTA ARRESTATO – Si chiama Marco Gibertini ed è stato arrestato perchè ritenuto vicino al boss Sarcone e metteva a disposizione del sodalizio i suoi rapporti con i politici, con l’imprenditoria e con il mondo della stampa. «A scanso di equivoci, si precisa che il signor Marco Gibertini non collabora con il Resto del Carlino da oltre vent’anni. Non può quindi aver promesso la pubblicazione di interviste o articoli a chicchessia». Lo ha detto all’ANSA il direttore di Qn-Il Resto del Carlino, Andrea Cangini. Secondo gli investigatori, Gibertini si era messo a disposizione di Nicolino Sarcone – ritenuto uno dei promotori dell’organizzazione mafiosa – per «fargli ottenere una intervista sul Resto del Carlino che veniva pubblicata il 3-2-2013», ha scritto il Gip nell’ordinanza. L’intervista, invece, si apprende dal quotidiano, sarebbe stata fatta d’iniziativa del giornale nell’ambito di un’inchiesta giornalistica.

GLI INVESTIMENTI – La cosca Grande Aracri avrebbe avuto a disposizione una montagna di soldi. Nell’ordinanza risulta infatti il progetto di ottenere all’estero una “piattaforma” economica garantita apparentemente da una ingente disponibilità economica su un conto corrente di una Banca online riconducibile a Nicolino Grande Aracri. Secondo gli investigatori, attraverso un prestanome, sul conto ci sarebbe stata una disponibilità di 243 milioni di euro.

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