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Uomini della Dia (foto di repertorio)

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CATANZARO – Comprendono capitali di aziende, immobili, terreni, rapporti finanziari e polizze assicurative i beni sottratti stamane dalla Dia di Catanzaro a due imprenditori considerati legati al clan Grande Aracri di Cutro.

Destinatari dei provvedimenti, uno di confisca e l’altro di sequestro, emessi dai Tribunali di Catanzaro e Crotone, su proposta del direttore della stessa Dia, sono Pasquale Gianfranco Antonio Barbieri, 72 anni, imprenditore con rilevanti interessi economici nel settore immobiliare turistico-alberghiero, e Salvatore Scarpino, 52 anni. Quest’ultimo, imprenditore specializzato nella lavorazione del legname, arrestato nell’ambito dell’operazione “Kyterion” da cui è scaturito l’omonimo processo conclusosi nei giorni scorsi con la condanna di 11 persone, dovrà scontare 10 anni di carcere.

Entrambi gli imprenditori sono ritenuti contigui alla cosca di ‘ndrangheta di Cutro facente capo al boss Nicolino Grande Aracri. I decreti sono scaturiti da accertamenti di natura patrimoniale condotti dalla Dia di Catanzaro riguardanti un arco temporale di circa venti anni. Più in particolare , il Tribunale di Catanzaro ha formulato un giudizio di pericolosita’ sociale su Barberio, anche alla luce, si legge negli atti, dei “rapporti di natura economica accertati come intercorrenti” con il boss, concretizzati nell’affidamento a Barberio, nel 2000, di una rilevante somma (un miliardo e mezzo di lire) da parte di Grande Aracri, prima che fosse arrestato”.

Per quanto riguarda Scarpino, il Tribunale di Crotone, a fondamento del giudizio di pericolosità sociale nei confronti dell’imprenditore, a cui è stata anche applicata la misura della sorveglianza speciale per tre anni con l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza, ha messo in luce la sua attività attraverso “operazioni finanziarie e bancarie e investimenti commerciali”, anche con l’ausilio di prestanomi, evidenziandone i contatti “diretti e frequenti” con Grande Aracri, al quale avrebbe anche procurato contatti con settori istituzionali “anche per il tramite di ordini massonici e cavalierati”. 

Le indagini hanno permesso anche di accertare che l’imprenditore Barberio era pronto per costruire un nuovo villaggio turistico del valore di circa dieci milioni di euro a pochi metri dalla spiaggia di Isola Capo Rizzuto. All’uomo sono stati sequestrati beni per un valore di circa dodici milioni di euro. Altri tre milioni di euro sono stati invece confiscati all’imprenditore specializzato nella lavorazione del legname, Salvatore Scarpino.

In totale sono stati apposti i sigilli a 13 società con sedi sia in Calabria che nel Lazio, 79 tra terreni e fabbricati; 14 rapporti finanziari; 7 polizze assicurative e un’autovettura. Tra le società sequestrate a Barberio anche la G.B. Immobiliare che aveva già ottenuto tutte le licenze per costruire un nuovo villaggio turistico sulla costa di Isola Capo Rizzuto.

«L’attività investigativa – ha spiegato il capo della sezione operativa della Dia di Catanzaro Antonio Turi – ha svelato la sproporzione tra i tra beni posseduti e i redditi dichiarati da entrambi i nuclei familiari». Il colonnello Michele Conte ha evidenziato come due società della galassia Scarpino sia state formalmente intestate a due operai rumeni e poi svuotati di risorse in favore di una terza società dell’imprenditore crotonese.

Alla conferenza stampa ha partecipato anche il capo centro della Dia di Reggio Calabria il colonnello Teodosio Marmo che ha voluto sottolineare «l’importante risultato raggiunto che premia l’incessante impegno della Dia nel contrasto ai patrimoni acquisiti illecitamente dalle organizzazioni criminali».

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