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Recupero di droga da parte di un arrestato

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CROTONE – E’ il frutto di due distinti filoni d’indagine che poi si sono intrecciati l’operazione “Golgota” condotta dalla polizia e che ha consentito, secondo gli investigatori, di fare luce su un ampio spaccato criminale del territorio della provincia crotonese. Un’inchiesta che ha evidenziato anche aspetti “inquietanti”, quale la capacità degli indagati di acquisire informazioni sulle indagini in corso e le operazioni in procinto di essere compiute emersa dalle intercettazioni.

Trentasei le persone arrestate stamani (LEGGI I NOMI) – complessivamente gli indagati sono 67 – accusate, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsioni, porto e detenzione illegale di armi e munizioni nonché associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti.

L’indagine, coordinata dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e dai pm Paolo Sirleo e Domenico Guarascio e svolta dai poliziotti della Squadra mobile di Crotone in collaborazione con il Servizio Centrale Operativo, ha riguardato la cosca Arena-Nicoscia di Isola di Capo Rizzuto e la famiglia dei Mannolo appartenenti al ceppo cosiddetto dei “pecorari” operanti sul territorio di San Leonardo di Cutro.

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L’attività investigativa su Isola di Capo Rizzuto ha rappresentato una prosecuzione dell’operazione «Tisifone” scattata il 20 dicembre 2018 su disposizione della Dda catanzarese nei confronti di 23 soggetti facenti parte delle famiglie di ‘ndrangheta Arena-Nicoscia-Manfredi-Capicchiano che, al tempo, aveva scongiurato la ripresa di una nuova guerra di mafia, e ha consentito di fare luce sulle successive dinamiche criminali operanti sul territorio di Isola di Capo Rizzuto, sulle propaggini della cosca al nord Italia mediante l’infiltrazione in imprese delle quali acquisivano la gestione imponendo la loro protezione e sui rapporti che le famiglie isolitane mantengono con altre famiglie di ‘ndrangheta del crotonese in particolare con i Megna di Papanice e con la famiglia Mannolo di San Leonardo di Cutro.

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Proprio con quest’ultimi sono emersi gli intrecci con un’altra indagine relativa a un traffico di sostanza stupefacente il cui epicentro era proprio il territorio di San Leonardo che riforniva l’intera provincia, compresa Isola di Capo Rizzuto, di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente.

Dalle intercettazioni è emerso che la famiglia Mannolo aveva stretti rapporti con soggetti di Crotone e Isolitani nella fornitura di cocaina e marijuana nonché la disponibilità di numerose armi che, nel corso delle indagini, sono state sequestrate insieme alla droga.

Dall’inchiesta emerge anche l’operatività di diverse associazioni sul territorio crotonese dedite al traffico di droga in grado di muovere decine di chili per tutta la penisola oltre che un vero e proprio spaccato di «storia criminale» della provincia degli ultimi anni corredata da alleanze, rivalità e cambi di strategie.

Gratteri: «Evitati omicidi»

Il procuratore capo Nicola Gratteri ha spiegato: «Nel momento in cui ci sono almeno 30 capi di imputazione che riguardano il sequestro di armi, quello fa capire il potenziale di queste famiglie. Non avete idea dal 2018 a oggi quanti omicidi abbiamo evitato, quante volte la polizia ha fatto azioni di disturbo sul territorio per impedire degli omicidi».

«E molte volte – ha aggiunto – abbiamo sacrificato dei filoni di indagine pur di salvare una vita. Pur di salvare anche la vita a un soggetto che ha tre pagine di procedimenti penali. Ma a noi non interessa, poteva averne anche 25, ma non doveva morire con il nostro, tra virgolette, consenso, noi dovevamo impedire che l’omicidio si verificasse».

Secondo il procuratore, che ha definito le cosche coinvolte come «’ndrangheta di serie A», «in questi anni, in particolare dal 2016 a oggi, avete visto una rivoluzione sul piano dell’approccio al contrasto alla criminalità organizzata e in particolare alla ‘ndrangheta. Una rivoluzione non solo del mio ufficio della Procura distrettuale di Catanzaro, ma anche dei vertici delle forze dell’ordine».

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