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MESORACA (KR) – Mentre i genitori della piccola Ginevra, la bimba di due anni stroncata dal Covid, sono distrutti dal dolore, e un intero paese, quello di Mesoraca, è nello sconcerto, e all’Inmi Spallanzani di Roma si svolge l’autopsia sul corpo della piccola, in Calabria infuria la polemica sulla mancata attivazione della terapia intensiva pediatrica.

Non c’è inchiesta, che se ne sappia, e da parte dei genitori, Giuseppe Sorressa, peraltro carabiniere in servizio presso la Compagnia di Petilia Policastro, e Rosella Londino, non è stata fatta denuncia. Il padre, in isolamento essendo risultato positivo al Covid, aveva accompagnato la bimba alla postazione 118 di Mesoraca da dove, l’atra sera, è stato disposto il trasferimento all’ospedale Pugliese Ciaccio di Catanzaro e da qui, su un aereo militare, al Bambin Gesù di Roma dove, purtroppo, la sfortunata Ginevra non ce l’ha fatta. La madre è appena tornata da Roma.

E mentre si attende il giorno dei funerali, che dovrebbero tenersi, con ogni probabilità, domani pomeriggio presso il santuario dell’Ecce Homo, e in coincidenza dei quali il sindaco, Annibale Parise, ha proclamato il lutto cittadino, alcuni interrogativi restano in piedi. Anche se è troppo presto per sapere se Ginevra sia morta di malasanità o di mancata sanità. Così come non è dato sapere se, pur in presenza della terapia pediatrica, la bimba si sarebbe potuta salvare.

A Roma è giunta con una grave insufficienza respiratoria, le sue condizioni sono apparse disperate tanto che «i team medici non hanno avuto neanche il tempo di intervenire» ha spiegato l’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato. Ma di questi interrogativi si fa portavoce lo stesso sindaco Parise. «Piangiamo la morte di una bambina. La parola morte e la parola bambina non dovrebbero mai incontrarsi, per questo il clima è surreale nel paese, dove l’angoscia si respira. Siamo tutti rattristati. Certo, i sanitari intervenuti lo hanno fatto in maniera celere ma è inammissibile che nel 2022 – dice il sindaco al Quotidiano – si debba essere costretti a mettere un’ambulanza in un C130 perché in Calabria non c’è la Terapia intensiva pediatrica».

Lo stesso Parise ricorda che «un Decreto del commissario ad acta del 2017 prevedeva l’attivazione di quattro posti a Reggio e non se ne è fatto nulla. Oggi è toccato a Ginevra, ma quante vittime innocenti – si chiede – bisognerà contare perché sia affermato il diritto alla salute dei bimbi? Il mio timore – aggiunge – è che, spenti i riflettori, ci dimenticheremo di questo grave deficit che penalizza la Calabria».

Intanto, tra le reazioni balza all’attenzione quella dell’Azienda ospedaliera di Cosenza che in una nota riferisce di non essere stata contattata per il caso specifico, pur avendo disponibilità di posti letto nella terapia intensiva pediatrica. E lo fa per «precisare quanto viene fatto nella nostra Regione al fine di evitare inutili e pericolosi allarmismi che certamente non sono finalizzati al miglioramento delle cure, ma semplicemente a creare ulteriore sfiducia e paura nei genitori e nei cittadini».

«Nel corso del 2021 sono stati trattati 38 bambini in Terapia intensiva pediatrica con ottimi risultati e soltanto alcuni casi bisognevoli di assistenza ventilatoria in Ecmo, sono stati trasferiti in ospedali specializzati fuori regione», affermano il commissario dell’Azienda ospedaliera di Cosenza, Isabella Mastrobuono, i direttori dei dipartimenti Emergenza-Urgenza, Pino Pasqua, e Materno Infantile, Gianfranco Scarpelli.  

«La Regione Calabria – prosegue la nota – con Dca 89 del 15 giugno 2017 aveva previsto l’assegnazione di 6 posti letto di terapia intensiva pediatrica all’azienda ospedaliera di Cosenza. Infatti dal 2018 nell’Ao di Cosenza sono stati attivati 4 posti letto di terapia intensiva pediatrica per bambini con peso oltre i dieci chili in ambienti dedicati di terapia intensiva dell’adulto e 2 posti letto di terapia pediatrica per bambini con peso inferiore a dieci chili in locali adiacenti alla terapia intensiva neonatale». «La bimba di sei mesi trattata e stabilizzata a Cosenza e trasferita, poi presso il Bambino Gesù di Roma solo nel momento in cui si è ritenuto necessario sottoporla a ventilazione in Ecmo è la riprova che la Tip dell’Annunziata esiste ed è in grado di dare risposte esaurienti», prosegue la nota. 

«Quando è arrivata in ospedale era già in condizioni critiche e non è neanche passata da pediatria ma è stata subito inviata a fare tac polmonare e cerebrale perché aveva avuto le convulsioni», spiega il primario di pediatria dell’ospedale Pugliese Ciaccio, Giuseppe Raiola. «È stata subito intubata – ha aggiunto Raiola – e portata in terapia intensiva dove si sono resi conto che serviva l’Ecmo che a Catanzaro non c’è. Quindi è stato deciso immediatamente il trasferimento a Roma. All’arrivo a Catanzaro era già in condizioni critiche e da quello che hanno riferito i genitori la bambina era sana. Sarà l’autopsia a chiarire».

«Non è vero che la Regione Calabria non ha posti di terapia intensiva pediatrica – è la precisazione del governatore calabrese Roberto Occhiuto – All’ospedale di Cosenza ci sono 6 posti letto attualmente attivi – ricorda – Già da alcune settimane poi, in collaborazione con il Policlinico universitario di Catanzaro – prosegue  – la Regione sta lavorando per ampliare ulteriormente il numero dei posti letto in terapia intensiva, quelli in terapia intensiva  pediatrica, e per abilitare per questi ultimi anche la  ventilazione in Ecmo».

Quanto al dramma, «purtroppo le condizioni della piccola sembravano davvero disperate, e per questo è stato reso necessario il trasporto d’urgenza presso l’ospedale Bambino Gesù di Roma». Ma su questo e sui passaggi precedenti al trasferimento fuori dalla Regione, Occhiuto annuncia di aver avviato «immediatamente, tramite il Dipartimento Salute della Cittadella, un’indagine per accertare i fatti ed eventuali responsabilità da parte del sistema sanitario regionale».  

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