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La mappa della bonifica di Crotone

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La relazione dell’Istituto di sicurezza nucleare sulla bonifica di Crotone, Eni non ha fatto carotaggi sufficienti sui materiali radioattivi


CROTONE – Il progetto stralcio per la bonifica dei siti industriali dismessi di Crotone presentato da Eni Rewind lo scorso 22 maggio 2024, e approvato con decreto dal ministero dell’Ambiente il primo agosto, non dice nulla sulla gestione dei rifiuti pericolosi contenenti tenorm con o senza presenza di amianto su cui ancora non ci sono «informazioni precise».

Mentre il dibattito impazza sulle circa 360mila tonnellate di rifiuti speciali che il Ministero ordina di smaltire presso la discarica del gruppo Vrenna nella località Columbra, in barba al divieto di smaltimento in Calabria emanato nel 2019 dalla Regione Calabria, ancora non si sa molto sulle diverse tipologie di materiali contenute nella discarica ex Fosfotec e le concentrazioni di attività dei radionuclidi di origine naturale, dopo 70 anni di industrializzazione selvaggia e a oltre 30 dalla dismissione delle ex fabbriche e nonostante ben 37 sondaggi. Lo dice L’Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione) in uno degli allegati al verbale della Conferenza di servizi terminata col diktat del Ministero che tanto sta facendo discutere, se non altro perché Comune, Provincia e Regione si erano opposti alla scelta del cane a sei zampe.

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I RIFIUTI CHE NON VANNO A SOVRECO

Il primo stralcio del complessivo progetto di bonifica approvato dal Ministero consente l’immediata rimozione di circa il 70 per cento dei rifiuti (pari a circa 760 kton) dei volumi complessivi (circa 1050 kton). Soltanto una parte, dunque, andrà nella mega discarica della società Sovreco, che non è autorizzata a ricevere rifiuti contenenti tenorm senza presenza di amianto. Anzi, secondo quanto risulta all’Ispettorato, non ci sono in Italia impianti autorizzati.

BONIFICA DI CROTONE E RIFIUTI RADIOATTIVI: SCORIE NON INDAGATE

Su questa quota di rifiuti, il dibattito latita. La relazione allegata al verbale della conferenza decisoria fa riferimento a «indagini effettuate nel 2017» che «costituiscono solo una pre-caratterizzazione, mentre la fase di caratterizzazione vera e propria avverrà contestualmente alla rimozione dei materiali», sempre secondo Isin. Addirittura, «in considerazione dell’estensione della discarica e delle volumetrie del materiale in essa contenuto, della variabilità riscontrata nella composizione chimico-fisica e radiometrica del materiale stesso, la campagna di campionamento del 2017, con l’esecuzione di 37 sondaggi, come peraltro affermato dalla società stessa, non risultata soddisfacente a restituire una fotografia rappresentativa del materiale in essa contenuto».

IN ITALIA NIENTE IMPIANTI AUTORIZZATI

Del resto, oltre a non esserci impianti autorizzati a ricevere questa tipologia di rifiuti in Italia, Eni non ha ancora prodotto la relazione contenente la valutazione preventiva dell’entità dell’impatto radiologico ai lavoratori impegnati nella realizzazione degli interventi di messa in sicurezza permanente. Questo documento, che ai sensi dell’art. 109 comma 2 del D.Lgs. n. 101/2020 la società deve acquisire dall’esperto di radioprotezione prima dell’inizio delle attività, è «essenziale per la determinazione del rischio derivante dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti durante le operazioni pianificate per la realizzazione della messa in sicurezza permanente della discarica». Manca anche la valutazione dell’eventuale esposizione della popolazione alle attività stesse di messe in sicurezza e quella dell’impatto radiologico sui cittadini. E non si conoscono ancora le modalità operative con cui le attività dovranno essere svolte, allo scopo di ridurre le esposizioni al «livello più basso ottenibile».

In quella relazione si fa riferimento alle disponibilità date a Eni da alcune società operanti all’estero per esportare tenorm. Ma anche all’intenzione della multinazionale di costruire una discarica di scopo per la gestione dei materiali contaminati sia da norm che da amianto, per i quali non sono presenti discariche di conferimento in Italia. Che fine farà quella quota di scorie?

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