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ROMA –  La criminalità organizzata «costa cara all’Italia» perchè «là dove è in grado di influire sulle regole di comportamento e quindi anche sulle regole dell’agire economico, si comporta come un soggetto leader in grado di influenzare con il proprio comportamento e con le proprie strategie l’equilibrio di mercato, in termini di prezzi e quantità. Tanto è più forte tale controllo tanto più è lecito attendersi uno spostamento del mercato verso forme di oligopolio e di monopolio. La presenza della criminalità organizzata risulta un elemento di ostacolo al credito e allo sviluppo per ragioni economiche e non». E questo spiega perchè «la concentrazione geografica dei reati di stampo mafioso (come omicidio, usura ed estorsione) e di quelli più in generale riconducibili alla criminalità organizzata coincida con quelle aree in cui più elevato è il costo del denaro». Dalla ricerca che l’Associazione nazionale dei funzionari di polizia ha commissionato all’Istituto Aiccon, infatti, emerge, con riferimento al 2011, «un costo del denaro doppio in Calabria (7,47) rispetto a quello riscontrato in Lombardia (3,66)» e che, ad eccezione della Liguria, «sono tutte concentrate al sud e nelle isole le regioni con il costo del denaro superiore al 6%». «Tale coincidenza di ambito territoriale – avverte la ricerca – non costituisce di per sè una prova del nesso causale tra i due fenomeni, ma la presenza contemporanea della criminalità organizzata e di maggiori costi di accesso al credito supporta l’ipotesi che il differenziale tra tassi di interesse delle diverse regioni sia un ulteriore prezzo che un territorio paga alla criminalità organizzata, oltre a tutte le forme di distorsione del mercato che l’economia criminale genera per sua natura». 

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