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VIBO VALENTIA – Michele Lico è il nuovo presidente di Unioncamere Calabria. Il noto imprenditore edile, prima presidente e dopo commissario della Camera di Commercio di Vibo Valentia, subentra al dimissionario Lucio Dattola, presidente a sua volta dell’ente camerale di Raggio Calabria. 

«A Dattola – è scritto in un comunicato – sono andati i più sentiti, unanimi ringraziamenti per l’opera svolta a difesa del sistema camerale calabrese. Al Presidente Lico sono stati rivolti dal presidente uscente e dagli altri presidenti presenti i più sentiti auguri di buon lavoro a difesa del sistema imprenditoriale calabrese». 

Michele Lico, 51 anni, ha alle sue spalle una lunga esperienza in materia edilizia. Titolare e amministratore di diverse aziende leader, anche a livello nazionale, in questi anni ha ricoperto diversi incarichi associativi e istituzionali. Alla guida della Camera di Commercio di Vibo Valentia dal 2005 prima in qualità di commissario e successivamente di presidente. E’ socio costituente della Fondazione Santo Lico, un’istituzione che opera a livello nazionale nella diffusione della cultura d’impresa, della formazione, dell’innovazione e della promozione artistica e socio-culturale del territorio e della sua comunità. 

Un’ascesa, quella di Lico, costellata di molti successi ma anche di qualche grana, come quella recente legata alla sentenza del Consiglio di Stato (LEGGI LA NOTIZIA), che ha confermato nei confronti delle imprese da lui guidate, l’interdizione antimafia disposta dalla Prefettura vibonese. Rigettato dunque dai giudici amministrativi di secondo grado, come già fatto dal Tar di Catanzaro (LEGGI LA NOTIZIA), il ricorso della “Elmecont Elettromeccanica e Controllo srl” di Maierato, impresa di Michele Lico, contro il Mise ed il Ministero dell’Interno che avevano revocato i contributi concessi all’impresa. 

Il Consiglio di Stato aveva stabilito in sentenza la validità delle informative antimafia in quanto l’amministratore della ditta beneficiaria, Michele Lico appunto, «risulti indagato dalla Dda di Catanzaro per falsa testimonianza», mentre un dipendente dell’impresa del padre di Lico sia stato condannato. Da un’informativa, per il Consiglio di Stato risultava poi che nei cantieri della “Ligeam srl”, altra ditta dell’imprenditore vibonese, il “Gruppo provinciale Interforze” ha evidenziato “il pericolo di condizionamenti mafiosi in capo alla ditta appaltatrice in quanto nel cantiere risulta accertata la presenza di ditte fornitrici di materiali collegate a sodalizi criminali quali le cosche dei Lo Bianco di Vibo ed Anello di Filadelfia”. Infine il Consiglio di Stato sottolineava che l’1 luglio 2013 Lico è stato «prescritto, e non assolto nel merito, dal Tribunale di Crotone per la gestione di rifiuti pericolosi». 

DIRITTO DI REPLICA – Gli avvocati Sergio Di Nola e Antonino Restuccia, per conto di Michelino Roberto Lico: «Si precisa che una altra società (diversa dalla Ligeam), di cui il Lico è stato amministratore ed è socio, è stata destinataria – si badi bene – non di alcuna qualsivoglia interdittiva o informativa antimafia diretta, bensì, di una cd. informativa atipica (provvedimento amministrativo oggi – per evidenti ragioni di legalità – abrogato) in relazione alla presenza, in un cantiere calabrese, nei ranghi di alcune ditte fornitrici (n. 2 ditte) di alcuni dipendenti (con qualifica manovali o simili) con rapporti di parentela e/o con precedenti penali, probabilmente connessi ad elementi della criminalità organizzata locale. Sul punto va sottolineato che entrambe le ditte sono state, poi, scagionate da tale addebito, una direttamente dalla Prefettura vibonese, l’altra dalla Autorità Giudiziaria con Sentenza passata in giudicato. Ancora, atteso che in un passato remoto, il Lico è stato indagato (non dalla DDA) per una ipotesi di falsa testimonianza, si precisa che, allo stato, la stessa non è stata accertata essendo stato il procedimento penale dichiarato prescritto (non certo per volontà del sig. Lico). Ed infine si precisa che la vicenda “rifiuti” di fatto attiene non alla gestione di rifiuti bensì al mero sostaggio di terreno di scavo relitto per la realizzazione di una condotta per conto di una Pubblica Amministrazione e che pertanto, proveniente da scavi di cantiere, veniva solo temporaneamente stoccato nell’area recintata del cantiere stesso. Si precisa, pertanto, che il sig. Lico e la Ligeam non sono mai stati oggetto di misura interdittiva antimafia e mai sono stati sottoposti ad indagini relative alla criminalità organizzata».

Prendiamo atto dell’intervento degli avvocati Restuccia e Di Nola, ma ci preme precisare che non abbiamo mai scritto che la Ligeam fosse stata soggetta ad interdittiva o altri provvedimenti. Si è solo riportato il passo di una sentenza del Tar, ripresa anche dal Consiglio di Stato, nel quale si evidenziava come il presidente Lico fosse anche amministratore unico della “Ligeam” aggiudicataria di un appalto per i lavori di realizzazione di un impianto di depurazione nel Comune di Francavilla Angitola (VV), nel cui cantiere gli investigatori hanno rilevato la presenza di alcune ditte fornitrici di materiali e servizi, che avrebbero avuto collegamenti con sodalizi criminali.

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