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IL dato che emerge dal rapporto annuale dell’Istat sul Paese riserva alla Calabria sorprese amare, con gli indici che potremmo definire “depressivi” che vedono la regione occupare le prime posizioni nazionali e che, analizzati nel complesso, dipingono un quadro fortemente negativo per la punta dello stivale. 

 

DISEGUAGLIANZE SOCIO-ECONOMICHE – Il primo dato che viene in evidenza è quello relativo al rapporto tra il reddito equivalente ricevuto dal 20% della popolazione con il più alto reddito e quello ricevuto dal 20% della popolazione con il più basso reddito che vede la Calabria assestarsi ad un indice di 5,5 che si pone esattamente nella media del dato nazionale e che fa comprendere che la stratificazione reddituale della popolazione non soffre di picchi differenziali, ossia, tradotto in parole povere, significa che la differenza di reddito medio tra i più ricchi e i più poveri in Calabria è che ad ogni euro di una famiglia tra le più povere corrispondono 5,5 euro in una famiglia ricca, ovviamente si parla di media quindi singole eccezione e casi particolari sono da valutare a parte.
 
INCIDENZA DELLA FAMIGLIE SENZA “OCCUPATI” – Assodato ciò, però, emerge il primo elemento chiaramente negativo che va capire come i redditi dei calabresi tendano ad un livellamento verso il basso, e si tratta dell’incidenza di persone che vivono in famiglie senza occupati. Questo indice registra la percentuale di persone che vivono in famiglie con almeno un componente di età compresa tra 18-59 anni (con esclusione delle famiglie dove tutti i componenti sono studenti a tempo pieno con meno di 25 anni) dove nessun componente lavora o percepisce una pensione da lavoro sul totale delle famiglie con la stessa formazione sociale. Ebbene in questo caso emerge che in Calabria ben il 15,5% delle famiglie considerate registra la presenza di persone in età lavorativa che non risultano occupati.
 
SOGLIA DI POVERTA’ – A questo poi si aggiunge quello che probabilmente è il dato più importante per comprendere il livello di depressione socio-economica che la Calabria sta attraversando. Si tratta della valutazione della capacità di spesa economica che le famiglie calabresi posseggono. In questo senso, l’Istat ha tenuto conto della percentuale di persone che vivono in famiglie che presentano almeno 4 dei 9 problemi di seguito considerati sul totale delle persone residenti. I problemi evidenziati sono il non poter sostenere spese impreviste di 800 euro, il non potersi permettere una settimana di ferie all’anno lontano da casa, l’avere arretrati per il mutuo, l’affitto, le bollette o per altri debiti; il non potersi permettere un pasto adeguato ogni due giorni; il non poter riscaldare adeguatamente l’abitazione; il non potersi permettere una lavatrice o un televisore a colori o un telefono o un’automobile. Tale indice si ferma a 19,4 contro, ad esempio, il 7,1 della Lombardia, non si tratta del record nazionale, ci sono, infatti, regioni che arrivano oltre il 24%, ma è comunque un dato elevatissimo che, accoppiato con gli altri dati evidenziati, fa capire come un quinto delle famiglie calabresi, che ovviamente rappresentano una fetta superiore al 20% della popolazione visto che una famiglia è in media formata da tre persone, si trovi in uno stato di sostazione povertà dimostrandosi incapace nel migliore dei casi di acquistare un elettrodomestico ma nel peggiore dei casi anche di poter degnamente provvedere al riscaldamento della propria abitazione.
 
DISOCCUPAZIONE IN CALABRIA – Ciliegina sulla torta di queste valutazioni legate ai redditi è il tasso di disoccupazione che vede la Calabria con il suo 19,3% svettare nettamente al di sopra di tutte le altre regioni confermandosi il territorio in cui vi è la difficoltà maggiore nel trovare lavoro, solo per capire le proporzioni del problema nel 2012, anno a cui sono riferiti i dati sulla disoccupazione, la media nazionale era del 10,7 contro il 19,3 della Calabria, sostanzialmente poco meno del doppio che diventa quasi il triplo se il raffronto viene fatto con le regione del Nord dove la media è di ben il 7,4%.

DISOCCUPAZIONE AL SUD – Al Mezzogiorno la caduta dell’occupazione, dal 2008, è stata più che tripla rispetto al resto del Paese. La flessione, infatti, dell’occupazione è stata del 4,6% contro l’1,2% del Centro Nord. Il tasso di disoccupazione al Sud supera il 17%, quasi 10 punti più che al Nord, e il tasso di mancata partecipazione, che include disoccupati e scoraggiati, è tre volte più alto (34,2% contro l’11,8%

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