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GIOIA TAURO- Ennesima pesante denuncia contro un «comprovato sistema del “cartello” delle banche ha portato, in una logica del massimo profitto e con metodi illegali, all’arricchimento degli istituti bancari ai danni dei cittadini». Nuova circostanziata denuncia dell’imprenditore Nino De Masi questa volta associazione per delinquere finalizzata alla truffa, all’estorsione, all’usura, all’evasione fiscale e all’appropriazione indebita,  per  estorsione,  riciclaggio di somme provenienti dall’usura confermata dalla sentenza della Cassazione e  falso in bilancio.  Atti presentati presso le Procure di Reggio Calabria e di Palmi e trasmessi anche alla Presidenza della Repubblica, del Consiglio dei Ministri, ai Presidenti del senato e della Camera , alle organizzazioni sindacali,  alla Regione Calabria, a Confindustria nazionale e regionale, a Fincalabra, alla Camera di Commercio, all’Asireg, ai Presidenti dei Tribunali ed a tutti i senatori ed i deputati calabresi.   L’ennesima denuncia anche nei confronti della Banca d’Italia  per la quale l’imprenditore pianigiano chiede alle Procure “di valutare e perseguire le condotte penalmente rilevanti tenute per concorso nei reati con istanza di punizione, dalle figure apicali di Banca D’Italia  nelle persone del Governatore, Direttore Generale, del Capo del servizio di Vigilanza e dei funzionari responsabili della vigilanza. Una denuncia dettagliata  e corposa composta da ben 27 pagine nella quali De Masi spiega nel dettaglio e con dovizia di particolari le ragioni, gli atti, i comportamenti, secondo lui, illegali di alcuni  istituti bancari  ma anche di Banca d’Italia. «In questi anni – scrive De Masi alle Autorità –  sono purtroppo prevalsi i “noi” illegali, criminali, affaristici e figli di collusioni ed omertosi silenzi; ma non è a quei “noi” che mi rivolgo bensì a quei tanti e silenti cittadini per bene che “sognano” e sperano in una utopica normalità, nella quale il criminale, il degenerato affarista ed il corrotto, siano marginalizzati e non abbiano ruoli nella costruzione del nostro futuro.  Questa mia lettera è appunto rivolta a quei “noi” che vogliamo esercitare quel diritto dovere di riappropriarci della libertà di essere e vivere in un paese libero e civile senza padrini o padroni.  In questo contesto di “noi collettivo” vi è il nostro ruolo, e dobbiamo dunque chiederci cosa abbiamo fatto, cosa vorremmo e dovremmo fare per cercare di arrivare all’utopico sogno di normalità?» «Io la mia parte ho cercato e cerco di farla quotidianamente con le mie battaglie. Quella contro la criminalità mafiosa purtroppo mi sta privando anche della libertà personale e mi fa vivere nell’angoscia di non sapere quale domani ho davanti a me. Lavorare in una realtà come quella calabrese in cui l’Esercito presidia la mia azienda e mi trovo a vivere sotto la tutela e scorta delle forze dell’ordine, rappresenta una situazione drammatica. Ma sto pagando questo prezzo perché lo debbo a me stesso, alla mia azienda, ai miei dipendenti ed ai tanti giovani che ancora credono e sperano in un domani di normalità, di libertà e non di criminalità.  A questa battaglia se ne aggiunge un’altra che ha dei contenuti forse ancora più drammatici, quella contro il potere criminale delle banche della quale in tanti hanno e stanno sottovalutando le conseguenze. Credo – continua De Masi – per la prima volta in Italia di aver dimostrato come il sistema bancario opera nell’illegalità, e la mia battaglia contro le banche ha contribuito in modo determinante a far emergere quali crimini sono stati e vengono tuttora commessi contri i cittadini. Oltre 10 anni di denunce e di studi hanno fatto sì, come emerso anche dai recenti servizi di importanti programmi televisivi, che le banche scelgano di restituire il maltolto a “semplice richiesta”, visto che sono stati presi con le mani nel sacco, e credo di aver molto contribuito ad arrivare a questi risultati.   I continui scandali portati avanti e fatti emergere dalle indagini mediatiche e dall’attività di qualche raro e coraggioso magistrato che ha “osato” indagare su tali poteri forti, hanno posto alla luce del sole ed all’attenzione di tutti cosa significa banca oggi.  La degenerazione e i comportamenti illegali del sistema bancario sono ormai cosa nota, ma quanto avvenuto è anche dovuto, con le relative  conseguenze che molti non vogliono capire, alla “collusione”, al silenzio ed alle omissioni delle Istituzioni preposte alla vigilanza. Il mercato creditizio, che è un bene pubblico tutelato dalle leggi e dalla Costituzione (art. 47), è stato costantemente violato perché chi doveva vigilare non lo ha fatto, contribuendo non solo alla commissione di reati ma intaccando la credibilità delle Istituzioni tutte. La gente si è tolta la vita in quanto non ha creduto che tali crimini potessero essere contrastati da un potere giudiziario che agli occhi dei cittadini rimane succube del potere di tali criminali (banchieri), e che la legge alla fine tutela i potenti a discapito delle vittime. Situazione che rende questi reati ancor più “terribili” e socialmente forse più pericolosi di quelli di origine mafiosa, in quanto agli occhi dei cittadini un mafioso prima o poi paga per i crimini commessi, cosa invece che non accade per i criminali finanziari. Pensare ciò significa minare la democrazia di un Paese con tutte le conseguenze, giuridiche, etiche, morali e storiche, e tutti coloro i quali lo hanno consentito con comportamenti omissivi e collusioni ne sono responsabili. Per queste ragioni – conclude l’imprenditore De Masi – io continuo a combattere con l’illusione di poter contribuire a dare la speranza a me stesso ed alla gente che, alla fine, la legge è veramente uguale per tutti». 

GIOIA TAURO – Ennesima pesante denuncia contro un «comprovato sistema del “cartello” delle banche ha portato, in una logica del massimo profitto e con metodi illegali, all’arricchimento degli istituti bancari ai danni dei cittadini». Nuova circostanziata denuncia dell’imprenditore Nino De Masi questa volta associazione per delinquere finalizzata alla truffa, all’estorsione, all’usura, all’evasione fiscale e all’appropriazione indebita,  per  estorsione,  riciclaggio di somme provenienti dall’usura confermata dalla sentenza della Cassazione e  falso in bilancio.  Atti presentati presso le Procure di Reggio Calabria e di Palmi e trasmessi anche alla Presidenza della Repubblica, del Consiglio dei Ministri, ai Presidenti del senato e della Camera , alle organizzazioni sindacali,  alla Regione Calabria, a Confindustria nazionale e regionale, a Fincalabra, alla Camera di Commercio, all’Asireg, ai Presidenti dei Tribunali ed a tutti i senatori ed i deputati calabresi.  

L’ennesima denuncia anche nei confronti della Banca d’Italia  per la quale l’imprenditore pianigiano chiede alle Procure “di valutare e perseguire le condotte penalmente rilevanti tenute per concorso nei reati con istanza di punizione, dalle figure apicali di Banca D’Italia  nelle persone del Governatore, Direttore Generale, del Capo del servizio di Vigilanza e dei funzionari responsabili della vigilanza. Una denuncia dettagliata  e corposa composta da ben 27 pagine nella quali De Masi spiega nel dettaglio e con dovizia di particolari le ragioni, gli atti, i comportamenti, secondo lui, illegali di alcuni  istituti bancari ma anche di Banca d’Italia. 

«In questi anni – scrive De Masi alle Autorità –  sono purtroppo prevalsi i “noi” illegali, criminali, affaristici e figli di collusioni ed omertosi silenzi; ma non è a quei “noi” che mi rivolgo bensì a quei tanti e silenti cittadini per bene che “sognano” e sperano in una utopica normalità, nella quale il criminale, il degenerato affarista ed il corrotto, siano marginalizzati e non abbiano ruoli nella costruzione del nostro futuro.  Questa mia lettera è appunto rivolta a quei “noi” che vogliamo esercitare quel diritto dovere di riappropriarci della libertà di essere e vivere in un paese libero e civile senza padrini o padroni.  In questo contesto di “noi collettivo” vi è il nostro ruolo, e dobbiamo dunque chiederci cosa abbiamo fatto, cosa vorremmo e dovremmo fare per cercare di arrivare all’utopico sogno di normalità?».

«Io la mia parte ho cercato e cerco di farla quotidianamente con le mie battaglie. Quella contro la criminalità mafiosa purtroppo mi sta privando anche della libertà personale e mi fa vivere nell’angoscia di non sapere quale domani ho davanti a me. Lavorare in una realtà come quella calabrese in cui l’Esercito presidia la mia azienda e mi trovo a vivere sotto la tutela e scorta delle forze dell’ordine, rappresenta una situazione drammatica. Ma sto pagando questo prezzo perché lo debbo a me stesso, alla mia azienda, ai miei dipendenti ed ai tanti giovani che ancora credono e sperano in un domani di normalità, di libertà e non di criminalità.  A questa battaglia se ne aggiunge un’altra che ha dei contenuti forse ancora più drammatici, quella contro il potere criminale delle banche della quale in tanti hanno e stanno sottovalutando le conseguenze. Credo – continua De Masi – per la prima volta in Italia di aver dimostrato come il sistema bancario opera nell’illegalità, e la mia battaglia contro le banche ha contribuito in modo determinante a far emergere quali crimini sono stati e vengono tuttora commessi contri i cittadini. Oltre 10 anni di denunce e di studi hanno fatto sì, come emerso anche dai recenti servizi di importanti programmi televisivi, che le banche scelgano di restituire il maltolto a “semplice richiesta”, visto che sono stati presi con le mani nel sacco, e credo di aver molto contribuito ad arrivare a questi risultati.   I continui scandali portati avanti e fatti emergere dalle indagini mediatiche e dall’attività di qualche raro e coraggioso magistrato che ha “osato” indagare su tali poteri forti, hanno posto alla luce del sole ed all’attenzione di tutti cosa significa banca oggi.  La degenerazione e i comportamenti illegali del sistema bancario sono ormai cosa nota, ma quanto avvenuto è anche dovuto, con le relative  conseguenze che molti non vogliono capire, alla “collusione”, al silenzio ed alle omissioni delle Istituzioni preposte alla vigilanza. Il mercato creditizio, che è un bene pubblico tutelato dalle leggi e dalla Costituzione (art. 47), è stato costantemente violato perché chi doveva vigilare non lo ha fatto, contribuendo non solo alla commissione di reati ma intaccando la credibilità delle Istituzioni tutte. La gente si è tolta la vita in quanto non ha creduto che tali crimini potessero essere contrastati da un potere giudiziario che agli occhi dei cittadini rimane succube del potere di tali criminali (banchieri), e che la legge alla fine tutela i potenti a discapito delle vittime. Situazione che rende questi reati ancor più “terribili” e socialmente forse più pericolosi di quelli di origine mafiosa, in quanto agli occhi dei cittadini un mafioso prima o poi paga per i crimini commessi, cosa invece che non accade per i criminali finanziari. Pensare ciò significa minare la democrazia di un Paese con tutte le conseguenze, giuridiche, etiche, morali e storiche, e tutti coloro i quali lo hanno consentito con comportamenti omissivi e collusioni ne sono responsabili. Per queste ragioni – conclude l’imprenditore De Masi – io continuo a combattere con l’illusione di poter contribuire a dare la speranza a me stesso ed alla gente che, alla fine, la legge è veramente uguale per tutti». 

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