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CATANZARO – La crisi si fa sentie e con forza, anche nel pieno dell’estate, i dati arrivano a raggelare le speranze di chi cerca qualche sintomo di ripresa. I dati in questione si riferiscono al 2012 e sono elaborati dall’Istat e fanno capire quanto la situazione sia drammatica. Nel corso dell’ultimo anno solare concluso, infatti, la Calabria si classifica al penultimo posto fra le regioni per la spesa di consumo delle famiglie con un livello medio di 1.762 euro a nucleo e questo ulteriore dato mette in luce le difficoltà di una regione che da tempo ormai non guarda al futuro con l’ottimismo di un rilancio e di uno sviluppo stabile. 

In particolare, secondo quanto rilevato dall’Istat l’economia della punta estrema della Penisola non consente alle famiglie calabresi di poter spendere costringendole a dover scegliere e conseguentemente tagliare le spese meno necessarie. Il dato strettamente numerico pone le famiglie calabresi in una situazione di estrema inferiorità in termini di capacità di spesa rispetto alle connazionali, e ciò non solo se paragonate con le famiglie del Trentino Alto Adige, regione più ricca con i suoi 2.919 euro spesi a famiglia, o della Lombardia dove si spendono in media 2.866 euro a famiglia. Anche in Basilicata, ad esempio, la spesa delle famiglie è superiore attestandosi a 1.908 euro. Se poi si va a vedere la media nazionale si scopre che la Calabria viaggia molto al di sotto del livello medio fissato a 2.419 euro. Ciò significa che se in media una famiglia italiana spende 2.419 euro nel dettaglia una famiglia calabrese ne spende solo 1.762, ossia quasi 700 euro in meno. 
Ma le sorprese non finiscono certo qui. Andando a scomporre la spessa totale in categorie si scopre che la minore spesa dei calabresi non è assoluta e riguardante tutte le categorie. In realtà oltre ad essere diverso (leggi inferiore) il livello di spesa totale anche la sua distribuzione per settori appare profondamente diversa specialmente rispetto alla regioni del nord. Così se in Piemonte ad alimentari e bevande è riservato il 17,9% del totale in Calabria tale percentuale sale fino al 27,4%. Ma bisogna stare attenti a non farsi ingannare dalle percentuali perché se è vero che in punti percentuali lo scostamento per l’acquisto di cibo appare nettamente superiore per la Calabria, traducendo tale valore in euro si scopre che la spesa è pressoché uguale ossia 471,13 euro per il Piemonte e 482,79 euro per la Calabria. Tuttavia, siccome il livello di spesa è più basso, nella Regione dei Bronzi di Riace l’incidenza percentuale è maggiore sottraendo risorse per altri tipi di spesa. In particolare, a pagare lo scotto sono i soldi spesi per tempo libero e cultura cui i piemontesi (scelti a titolo di esempio ma il paragone è simile anche per le altre regioni del nord) dedicano il 4,9% della spesa pari a 128,97 euro mentre i calabresi dedicano il 3,3% pari ad appena 58,15 euro. 
Evidente che per la Calabria lo stato di prostrazione economica inibisce la capacità di spesa delle famiglie costringendole ad investire la maggior parte della loro spesa nei bisogni essenziali dovendo rinunciare al resto. Nello specifico, la spesa delle famiglie calabresi è ripartita in questo modo: 27,4% alimentari e bevande, 1,1% tabacchi, 6,4% abbigliamento e calzature, 22,3% abitazione, 7,7% combustibili ed energia, 4,5% arredamenti, 3,7% sanità, 13,2% trasporti, 2,2% comunicazioni,1,1% istruzione, 3,3% tempo libero e cultura, 7,2% altri beni e servizi.
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