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PRIMA si chiamava Tarsu, ora è diventata Tares. Ma soprattutto, ora costa molto di più. Uno studio dell’Osservatorio di Confartigianato ha calcolato l’impatto dei nuovitributi su imprese e famiglie e ha rilevato che la Calabria è una delle regioni che paga il prezzo più alto per l’introduzione della nuova imposta su rifiuti e servizi.
A livello nazionale, la Tares provocherà un aumento medio di 26 euro per abitante, pari al 17,6% in più rispetto a quanto avviene con l’applicazione degli attuali tributi sui rifiuti: Tarsu e Tia. Ma per i calabresi il conto è ancora più salato: il costo aumenterebbe in media di 30,6 euro a testa e l’incremento rispetto alla tassazione dell’anno precedente, in termini percentuali, raggiungerebbe il 30% permettendo al gettito di salire da 200 a 260 milioni di euro. Solo i cittadini di Basilicata (37,9% d’aumento) e Molise (31,5%) subirebbero un’impennata più brusca mentre in valori assoluti l’incremento più alto lo subisce la Sardegna con una spesa media che salirebbe di 40 euro ad abitante.
Confartigianato fa anche notare che i rincari derivanti dalla Tares andrebbero a sommarsi ai continui aumenti registrati in questi anni dalle tariffe dei rifiuti: tra marzo 2012 e marzo 2013 sono cresciute del 4,9%, tra marzo 2008 e marzo 2013 gli aumenti sono stati del 22,1% e, addirittura, negli ultimi 10 anni hanno raggiunto il + 56,6%.
Guardando alle imprese, per alcune tipologie di esse l’applicazione della Tares sarebbe un vero e proprio salasso: è il caso delle attività artigiane di pizza al taglio operanti in piccoli Comuni che attualmente applicano la Tarsu e che, con l’introduzione della Tares, subirebbero rincari del 301,1%. Non andrebbe meglio per i laboratori artigiani di pasticceria che pagherebbero il 181,7% in più. Aumenti significativi anche per i piccoli produttori di pane e pasta che nel passaggio da Tarsu a Tares sarebbero costretti a sborsare il 93,6% in più.
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