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TORNA d’attualità il ponte sullo Stretto, Dopo le indiscrezioni secondo le quali il premier Matteo Renzi starebbe valutando l’incidenza della mancata realizzazione sulle casse dello Stato, ora interviene l’amministratore delegato di Impregilo, Pietro Salini che afferma: «Mi auguro e spero che Renzi riapra il dossier».

Salini dice di averne parlato tra altri argomenti con il premier e di essere disponibile a rinunciare alle penali per la sua mancata realizzazione. «Sia chiaro – ha precisato Salini – che cancellare un contratto per legge non può succedere in nessun Paese, ma tra incassi Irpef, Inps, volano delle nuove assunzioni e risparmio delle penali e dei sussidi di disoccupazione il Ponte “vale” 4,5 miliardi, dei quali meno di 1,5 a carico dello Stato», spiega l’amministratore delegato di Impregilo. La possibilità di riaprire la questione del Ponte sullo stretto era stata ventilata da ricostruzioni di stampa a inizio mese, secondo le quali la mancata realizzazione peserebbe sulle casse dello Stato per più di un miliardo tra penali, oneri finanziari e costi di liquidazione (LEGGI). 

Ora Salini aggiunge che «si tratta di almeno 40mila posti di lavoro in un’area a forte disoccupazione e di un’opera a basso contributo pubblico rispetto a quello privato: piuttosto che affrontare importanti spese per le penali, perché non fare il Ponte?». 

L’amministratore delegato ha parlato a margine dell’assemblea di Impregilo, il principale general contractor italiano, alla guida del consorzio Eurolink che avrebbe dovuto realizzare l’opera e che si trova in contenzioso con lo Stato dopo il “no” del governo Monti. Del consorzio fanno parte anche da Sacyr (Spagna), Società italiana per condotte d’acqua, Cooperativa muratori Cementisti (Cmc) di Ravenna, Ishikawajima-Harima Heavy Industries (Giappone) e Aci (Consorzio Stabile).

Sulle parole di Salini interviene anche l’ex ministro Matteoli, senatore di Forza Italia: «Salini – dice – fa al governo una proposta seria e generosa, quella di rinunciare alle penali che equivalgono quasi al peso finanziario che lo Stato dovrebbe assumersi per la costruzione del Ponte sullo Stretto e la fa, probabilmente, soprattutto per un più che legittimo interesse imprenditoriale. Il governo dovrebbe approfittarne per perseguire l’interesse generale e per rimediare ad un madornale errore di Monti».

 

 

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