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AMNESTY International denuncia il fallimento della legge Rosarno nella protezione dei migranti sfruttati nel settore agricolo in Italia “Lavoro sfruttato due anni dopo”. 

Già nel 2012, infatti Amnesty aveva condotto una ricerca sulla situazione dei diritti umani dei migranti impiegati in lavori sottopagati, spesso stagionali, per la maggior parte nel settore agricolo. In quel rapporto l’organizzazione aveva documentato: paghe al di sotto del salario minimo, riduzioni arbitrarie delle paghe, pagamenti ritardate o mancati e orari troppo lunghi di lavoro. Nel luglio 2012 l’Italia al fine di dare attuazione alla Direttiva comunitaria 2009/52 (Direttiva sanzioni) ha adottato il D.L.gs n. 109 denominato legge Rosarno. Secondo il rapporto Amnesty in numerose sue parti questa legge “ha omesso l’attuazione di disposizioni chiave della Direttiva Sanzioni”. 

In primo luogo si legge: “non è riuscita a mettere in atto procedimenti efficaci tali da assicurare ai lavoratori migranti il pagamento degli arretrati da parte dei datori di lavoro”. La stessa norma per Amnesty non è riuscita a creare dei “canali sicuri” per permettere ai migranti irregolari di sporgere denuncia contro i loro datori di lavoro sia direttamente che attraverso i sindacati o altre organizzazioni. 

La norma non ha introdotto talune sanzioni amministrative aggiuntive nei confronti dei datori di lavoro che impieghino migranti irregolari, quali l’esclusione dalla partecipazione ad appalti pubblici, inclusi i fondi europei o il ritiro delle licenze necessarie alle loro attività. Amnesty rileva con preoccupazione che la definizione restrittiva di “condizioni lavorative di particolare sfruttamento” contenuta nella legge Rosarno rischia di compromettere l’intero sistema di protezione delineato dalla Direttiva, alla luce del fatto che esclude dalla possibilità di ottenere un permesso di soggiorno ai lavoratori migranti che in base alla stessa ne avrebbero diritto. In Calabria, ad esempio, riporta il rapporto, “tra l’entrata in vigore e l’ottobre 2013 non è stato concesso alcun permesso di soggiorno dall’Ufficio del Procuratore di Palmi; ne è stato emesso uno solo presso la Questura di Reggio Calabria”. La ricerca di Amnesty mette in luce gli ostacoli che inibiscono la piena applicazione della legge Rosarno. In primis per l’instabilità e la precarietà delle relazioni lavorative che caratterizzano il settore agricolo nel meridione rendono difficile per un lavoratore migrante vittima di sfruttamento identificare il proprio datore di lavoro. 

È rarissimo, infatti, che un lavoratore migrante conosca il nome e l’indirizzo del proprio datore di lavoro, dal momento che spesso lo cambiano ogni giorno o trovano lavoro attraverso un caporale. In secondo luogo, il requisito della cooperazione nel procedimento penale contro il datore di lavoro non tiene conto della mobilità dei lavoratori agricoli che di solito seguono la stagione del raccolto in tutta la penisola. Alla luce della ricerca condotta da Amnesty l’attuazione restrittiva che l’Italia ha dato alla Direttiva Sanzioni assieme alla mancata modifica della sua politica migratoria attraverso l’abrogazione del reato di “ingresso e soggiorno illegale”, rappresenta “una grave minaccia al pieno godimento dei diritti umani da parte dei migranti che si trovano in una situazione di irregolarità”. 

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