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CATANZARO – Il presidente della Cia Calabria Nicodemo Podella annuncia che anche in Calabria gli agricoltori faranno lo sciopero della semina contro la selvaggia speculazione di cui è oggetto il settore cerealicolo italiano, in quanto, le misure annunciate dal Governo nazionale al tavolo cerealicolo attivato presso il Ministero, sono ritenute “tardive e insufficienti a fare uscire gli agricoltori dal livello di sofferenza cui sono costretti a vivere”. Una protesta che si aggiunge a quelle messe in atto nei giorni scorsi, compresa la manifestazione tenuta a livello nazionale davanti al Ministero per le politiche agricole (LEGGI).
Sotto accusa sono finiti i “prezzi sul campo insostenibili, riducendo al lastrico le aziende del settore, oramai abbandonate al loro destino da una politica sorda e priva di una visione strategica dell’intero mondo agricolo. Il disegno speculativo è chiaro – afferma la Cia – e ha determinato scambi per i prodotti agricoli al di sotto del 50% rispetto ai valori medi degli anni passati (- 42% rispetto al valore dell’anno scorso)”.
Secondo quanto evidenzia la Cia Calabria, “per il frumento, infatti, si è andata determinando una situazione paradossale, che ha visto l’immissione nel mercato di ingenti quantità di grano importato proprio nel periodo della trebbiatura, che ha provocato il tracollo dei prezzi, aumentando a dismisura il già ampio divario tra costo del frumento e prezzo del pane e della pasta”. Pur nella vastità del fenomeno del crollo dei prezzi all’origine, che coinvolge tutti i comparti, per il Presidente Podella, “è necessario sostenere e subito i produttori di grano che sono oggetto di una speculazione senza precedenti, affermando senza timore alcuno, che stiamo assistendo a comportamenti di vero proprio sfruttamento da parte di un manipolo di industriali/commercianti, che ricorda tanto il fenomeno del caporalato, da noi fermamente e convintamente combattuto senza se e senza ma, che impone prezzi da fame agli agricoltori”.
Le condizioni denunciate dall’associazione di categoria vede “imporre dal sistema industriale/commerciale, sono assolutamente insostenibili, in quanto ritirano il grano a 16-17 euro/quintale, a un prezzo cioè decisamente al di sotto dei costi sostenuti per la produzione”.
Gli agricoltori sono così “costretti a competere con l’immissione nel mercato di frumento proveniente dall’estero, chissà come e da chi prodotto – denuncia la Cia – mentre in Italia si registrava oltremodo una produzione straordinaria di 9 milioni di tonnellate di frumento a fronte di una media annua di 7 milioni di tonnellate (+ 29%). L’effetto determinato è lo svuotamento delle scorte in condizioni che gli esperti chiamano di dumping (importazione di merci a prezzi molto più bassi di quelli praticati sul mercato interno, oppure addirittura come avviene sotto costo, da parte di trust già padroni del mercato interno), e che vedono anche i “Consorzi agrari” complici che, anziché stoccare il prodotto degli agricoltori in attesa di prezzi più remunerativi, lo immettono nel mercato aumentando ancora di più la pressione sui prezzi”.
Le richieste della Cia sono rivolte al Governo affinché “requisisca le decine e decine di centri di stoccaggio (utilizzati in passato per l’ammasso) disseminati sul territorio, permettendo lo stoccaggio del grano prodotto in attesa che altre azioni abbiano successo e che quindi i prezzi risalgano, concedendo, nel contempo, garanzie pubbliche e tassi agevolati ai produttori per l’ottenimento di prestiti e anticipazioni necessari per fare fronte alle spese da sopportare nel periodo in cui i prodotti rimangono allo stoccaggio. Il Governo italiano – aggiunge l’associazione – deve dimostrare pari sensibilità, investendo le risorse necessarie, perché venga combattuto lo sfruttamento di tutti i lavoratori, siano essi dipendenti o autonomi. Ci provino, infine, gli industriali e i commercianti a remunerare correttamente i produttori italiani e poi vediamo se gli stessi produttori sono o meno in grado di assicurare quantità e qualità necessaria all’industria italiana per continuare ad avere il dominio nel mondo con il “made in Italy”. La Cia dice basta allo strapotere delle multinazionali che importano grano estero per produrre italiano che non è tale, senza preoccuparsi di cosa conterrà la farina e di cosa mangeranno gli italiani. Nel frattempo i produttori della Cia, a queste condizioni – conclude la nota – si rifiuteranno di seminare il grano per la prossima campagna e indicono una giornata di mobilitazione generale per giovedì 28 luglio p.v.
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