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Alcuni pescatori

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CATANZARO – Stop al pesce fresco a tavola per l’avvio del fermo pesca dal 10 settembre che porta al blocco per trenta giorni consecutivi delle attività della flotta italiana dallo Ionio al Tirreno, nel tratto di costa che va da Brindisi a Roma, andando ad aggiungersi al divieto già attivo nel tratto da San Benedetto del Tronto a Bari, dove si tornerà a mare solo il 23 settembre.

A darne notizia è Coldiretti Impresapesca nel sottolineare che riprende invece la pesca nell’Alto Adriatico da Trieste ad Ancona dove i pescherecci erano stati costretti a rimanere in porto già dal 30 luglio.

Con l’estendersi del blocco allo Ionio e al Tirreno che, coinvolge Puglia, Basilicata, Calabria Campania e parte del Lazio, – denuncia Impresapesca Coldiretti – aumenta anche il rischio di ritrovarsi nel piatto per grigliate e fritture, soprattutto al ristorante, prodotto straniero o congelato se non si tratta di quello fresco Made in Italy proveniente dalle altre zone dove non è in atto il fermo pesca, dagli allevamenti nazionali o dalla seppur limitata produzione locale dovuta alle barche delle piccola pesca che possono ugualmente operare. Un pericolo favorito dal fatto che – secondo Impresapesca Coldiretti – in Italia più di 2 pesci su 3 consumati nei territori interessati dal blocco vengono dall’estero».

Coldiretti Impresapesca ha più volte negli anni chiesto «una radicale modifica di questo strumento di gestione che non risponde più da tempo alle esigenze della sostenibilità delle principali specie target della pesca nazionale, tanto che lo stato delle risorse nei 33 anni di fermo pesca è progressivamente peggiorato, come anche parallelamente lo stato economico delle imprese e dei redditi. Questo ha determinato nel periodo un crollo della produzione – conclude Coldiretti Impresapesca -, la perdita di oltre un terzo delle imprese e di 18.000 posti di lavoro. L’auspicio è che dal 2019 si possa mettere in campo un nuovo sistema che tenga realmente conto delle esigenze di riproduzione delle specie e delle esigenze economiche delle marinerie».

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