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Giovani in cerca di un lavoro

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CATANZARO – Dopo i dati diffusi da Eurostat, che ha indicato la Calabria come la regione d’Europa con il maggiore tasso di disoccupazione giovanile insieme a due piccole aree della Spagna (LEGGI I DATI E LE REAZIONI), arriva una nuova tegola sull’economia calabrese e sulla situazione reale che si vive nella nostra regione.

Il dossier dell’Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro, illustrato oggi a Napoli, indica infatti uno scenario preoccupante per le realtà calabresi, con le province agli ultimi posti in termini di numero di occupati, media degli stipendi e competitività occupazionale. Un ulteriore campanello d’allarme per la Calabria che rischia di non uscire dalle sabbie mobili di una crisi che si trascina da troppo tempo e che sembra non trovare la strada giusta da percorrere.

Reggio e la crisi del lavoro

Secondo i dati del dossier, è Bolzano la “regina” delle province italiane per numero di occupati: il tasso di persone al lavoro è, infatti, del 72,7%. In fondo alla classifica, invece, c’è Reggio Calabria dove risultano impiegati soltanto 37,1 soggetti su 100. Roma risulta al 57/mo posto.

Media stipendi “fuori” classifica

Altrettanto critica la situazione rispetto alla media degli stipendi, considerato che la fotografia scattata dall’osservatorio statistico dei consulenti del lavoro per il 2016 all’interno della seconda edizione del rapporto “Le dinamiche del mercato del lavoro nelle province italiane”, indica solo città nel Nord nelle prime posizioni.

Con 1.476 euro mensili è Bolzano, infatti, la provincia che, oltre ad avere il tasso di disoccupazione più basso, detiene il primato degli stipendi medi più alti fra gli occupati alle dipendenze. Seguono Varese (1.471), Monza e Brianza (1.456), Como (1.449), Verbano Cusio Ossola (1.434), Bologna (1.424) e Lodi (1.423). 

Ultimi per competitività occupazionale

Ancora crisi nella speciale graduatoria delle province italiane per competitività occupazionale. E se è la provincia di Bologna a conquistare il primo posto per questo parametro, il gruppo con le peggiori performance (dall’89° al 110° posto) vede 5 province del Sud Italia: Agrigento, Barletta-Andria-Trani, Crotone, Medio Campidano e Caltanissetta. La provincia di Barletta-Andria-Trani (con il più elevato gender gap nell’occupazione) è una delle cinque province pugliesi con i valori peggiori dell’indice, insieme a Foggia, Taranto, Lecce e Brindisi. Nel gruppo anche tutte le province calabresi e due capoluoghi regionali: Napoli al 97° posto e Palermo al 100° posto (in compagnia della maggioranza delle province siciliane).

Questa parte del rapporto analizza, tra le altre cose, il mercato del lavoro anche attraverso un ‘indice sintetico di efficienza e di innovazione (Labour market efficiency and innovation index)’ e stila la graduatoria tenendo conto di tasso d’occupazione (15-64 anni); tasso di non Neet (15-29 anni), più è alto il valore dell’indice minore è la quota di giovani che non lavorano non studiano e nemmeno sono in formazione; rapporto tra il tasso di occupazione maschile e quello femminile, che segnala la maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro e l’aumento dell’occupazione complessiva; quota di occupati che esercitano professioni altamente qualificate, che lavorano nei settori più innovativi; quota di lavoratori con contratti standard e cioè la minore presenza di lavoratori “precari” maggiormente esposti al rischio di povertà.

E nella classifica Bologna cresce di una posizione rispetto al 2015 pur non primeggiando in nessuno dei 5 indicatori; segue Milano, che occupava la prima posizione nel 2015 e che presenta la quota più alta di occupati che esercitano professioni altamente qualificate. Valori elevati anche nelle altre province lombarde: Lecco (3° posto), Monza e Brianza (4° posto), Lodi (9° posto), Como (10° posto), Pavia (11° posto), Cremona (18°posto) e Varese (20° posto). 

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