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Ambulanze in coda al Pronto soccorso

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SAREBBE facile dire che nella sanità calabrese tutto continua a funzionare a rilento, di sicuro non con i ritmi che l’emergenza sanitaria richiederebbe. Semplice sottolineare che la regione è sempre tra le ultime in questa o quella graduatoria, dai vaccini, ai posti letto. Ripetitivo, seppur doveroso, ricordare che il numero di posti di terapia intensiva è fermo da molti mesi a 152, di un pelo sopra la soglia minima stabilita dal Governo.

Eppure la situazione è questa. In quasi tutta la regione gli ospedali non hanno più posto per i pazienti positivi con sintomi (oggi, sull’edizione cartacea, pubblichiamo la mappa provincia per provincia), e si fa la corsa a convertire in emergenza altri reparti, diminuendo, inevitabilmente, la capacità di cura per altre patologie. Tutto questo è insopportabile, perché è passato più di un anno da quando l’emergenza sanitaria è scoppiata e che ci sarebbero state ondate successive è stata quasi da subito una delle poche certezze.

Ci si era illusi, nell’estate dello scorso anno, che la Calabria fosse stata più o meno “graziata” dal Covid, che il sole ci avesse messo del suo, che certe scene che avevamo visto in altre regioni meno fortunate (a quel tempo) qui non si sarebbero mai presentate. Per carità, si è liberi di sognare, di illudersi, di sperare. Non tutti, però.

Chi aveva l’obbligo di agire per mettere in sicurezza il sistema sanitario (che non è fatto solo di posti letto in più, che pure non sono stati predisposti per tempo, ma anche di sanità del territorio extraospedaliera che funziona…) e non lo ha fatto non merita neppure aggettivi. E se pure non avesse avuto l’obbligo, ma solo il dovere morale di agire, il discorso non cambia.

Di fronte ad un’emergenza sanitaria per la quale sono state “sospese” tante libertà costituzionali, giustamente, non si comprende, non si può accettare che qualcuno venga a parlare di lentezze burocratiche, di tempi lunghi per i concorsi necessari ad assoldare tutti i medici e gli infermieri necessari. Sa di beffa. Sa di giochetti ridicoli.

Uno stato di emergenza come quello che ancora stiamo vivendo o è di emergenza per tutto o è una presa in giro. E siccome il numero di morti, di persone che hanno avuto stravolta la vita, di imprenditori costretti alla chiusura e di persone che non hanno più da lavorare per portare a casa il pane è da vertigine, di certo sarebbe irriguardoso e fuori dalla storia parlare di una presa in giro.

La verità, dunque, resta una: in una regione come la Calabria commissariata sulla sanità, il Governo e la Regione (per la sua parte) hanno miseramente fallito. C’è chi non ha fatto e chi non ha controllato. Punto.

Alla vigilia della “promozione” in arancione, il diario della gestione della crisi sanitaria in Calabria è zeppo di pagine nere, che qualcuno (e non è solo materia per la magistratura) dovrebbe sfogliare con attenzione, prima ancora di andare a vedere chi sono i furbetti dei vaccini, cosa peraltro schifosa, considerando che, al di là di attestazioni di buona volontà e di fiducia nel futuro, ancora 76.587 over 80 sono in Calabria in attesa della prima dose di vaccino (report settimanale della Presidenza del Consiglio dei ministri aggiornato alle ore 8 di ieri).

Sembra arrivare qualche segnale promettente, nel senso di una accelerazione nella campagna vaccinale. Speriamo. Il sistema delle prenotazioni ha fino ad oggi prodotto bizzarrie degne di una selezione per mirabolanti reality tv: anziani costretti a spostarsi per centinaia di chilometri, da una provincia all’altra, per ricevere la dose e via dicendo.

Adesso pare vada meglio. Adesso, cioè dopo tre mesi dall’avvio della campagna. Vien da chiedersi come abbiano concepito – non in questa regione soltanto, ovviamente – la piattaforma. Sarà che, come ha scritto qualche giorno fa su questo giornale il professor Domenico Talia, l’innovazione tecnologica, gli algoritmi, la digitalizzazione funzionano molto bene nel privato (se in una mail parliamo di pipe, siamo certi che nelle nostre navigazioni su internet incontreremo suggestive pubblicità che ci invogliano ad acquistare magnifici esemplari di pipe), mentre nel pubblico raramente accade.

Quale intelligenza era richiesta per prendere gli elenchi delle persone over 80 e convocarle direttamente per la vaccinazione secondo luogo di residenza, disponibilità di dosi e di vaccinatori? Se l’avessero chiesto agli esperti di intelligenza artificiale dell’Unical – giusto per restare a Cosenza, dove al Pronto soccorso c’è la fila di pazienti Covid come in una pizzeria da asporto – il problema forse glielo avrebbero risolto subito e gratis. La corsa ai vaccini deve acquisire sempre maggiore velocità, non c’è dubbio, e nessuno ha interesse a mortificare gli sforzi che vanno in questa direzione.

Ancora oggi, però, il virus morde in Calabria. Infierisce con la complicità di comportamenti personali non sempre in linea con le raccomandazioni, con controlli poco efficaci anche in periodo di zona rossa, con un sistema di tracciamento dei contagi che non ha mai raggiunto il massimo dell’efficienza (basta leggere nelle pagine di cronaca per scoprire di casi in cui il settore pubblico in qualche territorio ha finito le scorte di tamponi o reagenti, piuttosto che attese per l’esito infinite e via dicendo).

L’emergenza è tutt’altro che conclusa. Si mettano da parte le elezioni regionali all’orizzonte, ci si adoperi tutti per far valere le ragioni di una Calabria piegata dal Covid e prima ancora dalle inefficienze. Si battano i pugni, senza timori reverenziali, con lo Stato che di questa situazione di precarietà è corresponsabile almeno al 50%. Si pretenda, subito, di avere procedure d’emergenza per rattoppare un sistema sanitario da portare almeno ad un livello minimo di sicurezza. Ci si faccia sentire, ultimi ma dignitosi. Lo si faccia per i calabresi, terrorizzati dal Covid e da un posto in ospedale che non c’è, costretti a tenere chiuse le attività senza sentirsi nemmeno al sicuro. Cornuti e mazziati.

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