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La grande questione calabrese della sanità comincia a conquistare la piazza, seppur con la prudenza suggerita da una situazione pandemica tutt’altro che rassicurante.

Le manifestazioni di sindaci, di comitati di cittadini che hanno occupato le sedi delle Aziende sanitarie di Cosenza, ma soprattutto l’appello al ministro Speranza firmato da tutti i parlamentari calabresi delle forze politiche che sostengono il governo Draghi, danno spunti per due letture diverse.

Prima: i calabresi sono stanchi di dover subire angosce (per non sentirsi affatto sicuri con reparti interi zeppi di contagiati) che sono aggiuntive a quelle legate alla cappa sotto la quale il Covid ci tiene da oltre un anno. E sono stanchi ben oltre l’immaginabile.

Seconda: le rappresentanze istituzionali forse stanno acquisendo la consapevolezza che quello della sanità in Calabria è un nodo che va sciolto subito, a prescindere se i calcoli del Comitato tecnico scientifico ci lasciano zona arancione, ci fanno rossi o gialli. Il numero dei posti di terapia intensiva nella regione è sempre fermo a 152, cioè a poco sopra la metà della soglia minima stabilita dal Governo quando si è cercato di predisporre la sanità italiana all’emergenza pandemica. Sono ancora 152. Da mesi. Lo si ripete solo per dire che neanche in questa settimana è cambiato alcunché.

Le manifestazioni esprimono un disagio, ma la gravità della situazione percepita dai calabresi va ben oltre. Peraltro, visto che si sta parlando della salute della gente, non ci dovrebbe essere bisogno di arrivare alle proteste, né dovrebbe essere necessario fare riferimento, come fanno i parlamentari nella lodevole seppure non proprio tempestiva lettera al ministro, al rischio dell’esplosione “di gravi tensioni sociali”.

Ai calabresi vanno assicurati immediatamente, per vie straordinarie e non legate a lungaggini di concorsi o pastoie burocratiche, posti letto e assistenza efficiente in termini di personale sanitario. Diversamente sarebbe una disfatta totale per uno stato civile.

È vero che la sanità calabrese è commissariata da oltre un decennio per l’enorme buco nei conti, è vero che il settore per decenni è stato usato per clientele e affarucci. Il debito va cancellato, no, non va cancellato… sono questioni che non possono pesare, oggi, in piena emergenza da pandemia, sulle spalle dei calabresi.

Ma ci vuole tanto a capire che questa debolezza strutturale va sanata subito? Le soglie minime delle prestazioni sanitarie vanno garantite ora e per sempre. E nel caso del Covid non si tratta solo della vergogna delle terapie intensive, o di ospedali chiusi e file di ambulanze dirottate in altre province per mancanza di posti Covid “ordinari”, ma del sistema del tracciamento tempestivo dei contagi, quindi dei tamponi, e di tutti quegli elementi che dovrebbero funzionare come un orologio svizzero.

Si consentirebbe così, per esempio, di guardare con maggiore tranquillità alle (necessarie per l’economia in ginocchio) riaperture alle quali si sta lavorando a livello nazionale. Si limiterebbero, inoltre, situazioni di contesto incerte di fronte alle quali i sindaci si vedono spesso spinti a chiudere le scuole o imporre ulteriori limitazioni a tutela dei propri concittadini. E via dicendo.

Fermo restando che occorre prestare sempre maggiore attenzione alle accortezze individuali (mascherina, distanziamento, lavaggio frequente delle mani…), indispensabili per un contributo di responsabilità nel contrasto al diffondersi del virus (anche questo è bene sempre ripeterlo).

Le competenze sono di questo o di quell’altro, faremo, assumeremo, garantiremo… di questo film i calabresi si sono stancati. E non sia presa come una minaccia, semplicemente è uno stato d’animo che centinaia di migliaia di persone vivono nelle loro case, sperando, come tutti, di poter tornare presto alla normalità. Ma la normalità senza una sanità adeguata non sarà mai piena. Mai.

Siamo al termine di una settimana nella quale i nuovi contagi sono aumentati di centinaia ogni giorno, la pressione sugli ospedali non si è allentata e, nonostante la campagna vaccinale abbia registrato passi in avanti, ci sono ancora 69.422 persone con più di 80 anni in Calabria in attesa della prima dose (55.548 quelli che hanno avuto somministrate prima e seconda dose, secondo i dati del report settimanale della Presidenza del Consiglio aggiornato alle ore 8 del 16 aprile).

Superfluo dire che almeno in questa “urgenza” non giovano – e sono anzi da considerarsi immorali – giochi di bandiera o contrapposizioni sterili. Il Covid non ha colori, e per la verità neppure l’assistenza sanitaria oltre il Covid.

Ben venga, quindi, la “primavera” dei rappresentanti dei calabresi, ma non si commetta l’errore di pensare che per adeguare la sanità regionale alle condizioni minime di sicurezza per i cittadini si possano percorrere strade ordinarie e lunghe, con tavoli, riunioni, programmazioni, conferenze… Sarebbe come illudersi di curare un paziente da terapia intensiva in guardia medica con una compressa. Dopodomani.

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