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Il presidente ff della Regione Calabria Nino Spirlì

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Le parole del governatore calabrese Nino Spirlì, su Benito Mussolini, alcuni giorni fa, avevano fatto scoppiare un caso, ripreso anche dalla stampa nazionale. «Fermo restando la condanna assoluta e totale alle leggi raziali alle guerre coloniali, Mussolini, all’inizio, ha fatto pure cose buone» aveva detto Spirlì, ospite di Klaus Davi, nel programma KlausCondicio.

Apriti cielo! Si è innescato allora un vespaio di critiche contro Spirlì. Ieri, però, la clamorosa notizia che il Vaticano si è formalmente opposto all’ormai famoso Ddl Zan, anche sulla base dei Patti lateranensi, firmati da Benito Mussolini, con la Santa sede, nel 1929.

Ma Spirlì sa o prevede? Alcuni giorni fa è scoppiato il caso su alcune sue dichiarazioni revisioniste sul Duce. Oggi leggiamo sulle prima pagine dei giornali dell’intervento del Vaticano, contro la proposta di legge, cosiddetta Zan e, a supporto dell’atto formale della Chiesa, vengono citati pure i Patti lateranensi firmati proprio da Mussolini. Se lo aspettava?

«Beh Spirlì vede e prevede. A parte gli scherzi, i Patti lateranensi sono una cosa buona a prescindere da chi li abbia firmati. Sono patti siglati tra la Santa sede e il Governo italiano, prima della seconda guerra mondiale e riconfermati dopo decenni, negli anni Ottanta. Sono patti che non toccano la teologia, ma che ad essa di ispirano per la crescita di un popolo come il nostro, che ha radici cristiane cattoliche, che ha assolutamente bisogno di rimanere legato alla propria identità religiosa, pur non praticando un integralismo che sarebbe, in ogni caso, deleterio come tutti gli integralismi».

Da omosessuale, come giudica il rimprovero del Papa sul Ddl Zan, la proposta di legge contro l’omofobia?

«Io direi non da omossessuale, ma da uomo. Ritengo che il Papa abbia tutto il diritto di intervenire. Non so se si tratti di un rimprovero, probabilmente è una sorta di presa d’atto, una presa di posizione del capo spirituale di tutti i cristiani cattolici e anche di un Padre buono che cammin facendo migliora, giorno dopo giorno, i rapporti con la propria famiglia. Sono convinto che questo Ddl Zan stia ormai scolorendo, perdendo tutti quei
connotati che gli erano stati riconosciuti all’inizio e sta mostrando tutte le sue deficienze, tutte le sue mancanze, perché non rappresenta lo spirito di tutti gli italiani e neanche della maggior parte degli italiani. Rappresenta gli interessi e le necessità di una piccola parte di popolo, che probabilmente non somiglia alla maggioranza. E fino a prova contraria, in un Paese democratico come il nostro, è la maggioranza che decide e decide per il bene di tutti».

Nella sua analisi, mettendo da parte un attimo la tendenza di genere, vince l’essere leghista? Nel senso, che qualcuno potrebbe osservare: «Spirlì la dice così per accontentare Salvini, non per convinzioni personali». Ci spieghi.

«Io non devo accontentare nessuno. Il mio segretario federale, oltre che mio amico carissimo, Matteo Salvini, mi ha scelto per la Calabria e confermato per il lavoro che svolgo, per l’impegno che metto nelle cose che faccio, per la convinzione, perché sono uno che tira dritto davanti alle critiche inutili, che tira dritto fra le tante tirate di giacchetta, che non accetta compromessi col malaffare, con la malapolitica, con la malavita, con le deviazioni di ogni forma di associazionismo. Per cui Salvini mi ha sempre lasciato libero, anche quando ci sono state delle divergenze di pensiero. Penso, per esempio, a quando durante il trascorso anno scolastico, io parlavo di Dad, perché la nostra regione con i suoi problemi sanitari ne aveva necessità, mentre, a livello nazionale, la linea della Lega era un’altra. Ma c’è sempre stato un confronto e abbiamo sempre trovato ciò che fosse meglio per i vari territori. Non voglio, quindi, accontentare nessuno, soprattutto Salvini, che non ha bisogno di servilismi di nessun tipo».

Non sappiamo come e dove ha conosciuto Salvini. Ma da meridionale, come ha fatto a diventare leghista?

«Guardi che essere leghista significa essere rispettoso della propria identità, della propria identità di popolo, di appartenenza regionale, di cultura. Essere leghista significa voler fare di tutto perché la propria gente abbia riconosciuti i propri diritti, che sono quelli identitari del luogo dove una persona nasce, vive, lavora, si inserisce nella vita sociale. Essere leghista non è una diminutio, ma è una promozione, nel momento in cui si comprende che la Lega tutela e preserva i territori, i valori e le tradizioni dei territori. La Lega, infatti, oggi dà un’immagine nazionale, pur se identitaria, ma nel rispetto di tutte le autonomie che è una cosa molto importante, perché ad ogni territorio riconosce l’autonomia della determinazione. È chiaro che, poi, tutte le autonomie si devono incontrare in una forma federale di Stato che consenta una direzione unica, però, al contempo rispettosa di tutte le identità».

Sta insistendo a Roma per l’azzeramento del mastodontico debito della nostra sanità regionale. Sul punto si sta giocondo il tutto per tutto. È vero?

«No no. Non mi gioco il tutto per tutto. Non è il termine giusto. Io direi che mi sto battendo per il diritto dei calabresi di aver una sanità sana e una sanità soprattutto sanata dal risultato di ruberie, di piraterie del passato che hanno portato i calabresi a dover rinunciare alla cosa primaria, di potersi curare, se ammalati, nella propria terra. Il lavoro che stiamo facendo e quello di far riconoscere al Governo centrale, allo Stato centrale la responsabilità di intervenire su un debito che non è stato causato dai calabresi innocenti e che, però, lo stanno pagando i calabresi innocenti. Stiamo insistendo perché i ministeri
competenti e, quindi, la Presidenza del Consiglio, si assumano la responsabilità davanti ai calabresi, ripeto, innocenti, e agiscano in maniera definitiva con uno stralcio del debito al 31 dicembre 2020, che sarà curato dai commissari di Governo e, pure dalla magistratura, se ce ne sarà necessità. E stiamo insistendo per la riconsegna alla Calabria della sua sanità sanata a partire dall’1 gennaio 2021, perché, qui, una volta per tutte, bisogna porre fine a questo esodo drammatico, causato dallo “scafismo” sanitario che porta via dalla Calabria, ormai, chi ha anche solo un mal di testa. Moltissimi calabresi “spariscono” in altre regioni, se non addirittura in altre nazioni, per curarsi malattie a volte gravi, ma spessissimo, pure patologie meno preoccupanti. Basta! Tutto ciò deve finire!»

Ma a che punto è la trattativa col Governo, dopo mesi di interlocuzioni?

«I ministeri competenti dell’Economia e della Salute, stanno vagliando attentamente la relazione che è stata consegnata dal commissario ad acta e le richieste fatte da me personalmente ai ministri Franco e Speranza, per cercare di risolvere in tempi brevissimi, spero entro l’autunno e non oltre! Sarà mia cura, nelle prossime settimane, incontrare di nuovo i due citati ministri, non già per mettere fretta, ma per snellire questa fase di verifica, che non può essere una verifica certa, perché la Calabria non può aspettare i tempi di una verifica certa, in quanto le carte relative ai debiti di alcune Asp regionali, purtroppo, non si trovano più, anche per il troppo tempo trascorso. Ci sono debiti che risalgono agli anni Novanta! Bisogna intervenire subito, senza più il minimo indugio, ed in modo straordinario. Mentre le verifiche certe saranno eseguite con i tempi ordinari e lunghi, dagli uffici preposti, anche dalla magistratura, ribadisco, se il caso lo richiede. I malati calabresi, però, non possono aspettare che vi siano tutte le carte a posto per potersi curare in Calabria».

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