X
<
>

Condividi:
5 minuti per la lettura

A QUASI tre anni dalla rivolta dei migranti, a Rosarno è nuovamente emergenza. E ancora una volta di fronte al dramma di chi chiede dignità e giustizia, assistiamo al silenzio e al voltafaccia delle Istituzioni sovracomunali. Mentre loro, i migranti, sono costretti a vivere in condizioni disumane o a morire sull’asfalto di quella famigerata statale 18, come è toccato  l’altro ieri a Diaby Adnamy, di appena 34 anni, della Guinea francese, ultima vittima africana sulle strade del nostro territorio.
Nel gennaio 2010, svegliata dalla loro anche aspra protesta, l’Italia scoprì quel dramma che andava avanti da anni, e giornali e tv si riempirono di articoli di denuncia. Si promise che non sarebbe più accaduto, che sarebbe stata organizzata un’accoglienza civile per quei lavoratori e combattuto lo sfruttamento. Il Governo scese in campo con rassicurazioni e progetti. Belle parole. Che, ormai, tali sono rimaste.

Nel 2010, sull’onda del clamore, si varò un piano straordinario contro il lavoro nero, con ben mille controlli sui posti di lavoro della zona. Ma negli anni successivi i controlli scemarono sempre più. Eppure la condizione lavorativa non è certo migliorata. Un popolo di disperati, dimenticato in fretta. Ma ancora una volta c’è sempre la Chiesa, buon Samaritano, pronta a chinarsi e a porgere una mano a questi fratelli che forse hanno un solo torto, quello di essere più poveri economicamente addirittura di noi calabresi, che certamente non navighiamo in acque tranquille.
“Ero forestiero e mi avete accolto” son parole di Gesù, che leggiamo nel Vangelo. E ancora: “Bisogna ripartire dal significato della persona. Un immigrato è un essere umano differente per provenienza, cultura e tradizioni, ma è una persona da rispettare”. È Benedetto XVI  a parlare in questi termini e guarda caso proprio il 10 gennaio 2010 all’indomani della rivolta di Rosarno. Con il Vangelo non si bara. Come non si bara con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e con la Costituzione repubblicana. Non si bara… perché altrimenti, come ha affermato il mio amico Luigi Ciotti, si passa alle “bare”, ai cadaveri trascinati sul bagnasciuga o risucchiati dal  mare o ai tanti cadaveri, deposti in questi anni sul freddo marmo della sala mortuaria dell’ospedale di Polistena.
Ma ritorniamo alla Chiesa, a questa Chiesa di Oppido-Palmi, che da 25 anni è stata sempre presente sul campo con un impegno eccezionale raramente riscontrabile in altre parti del nostro Paese. Questa Chiesa è ancora lì a supplire le deficienze di chi ha il compito di tutelare i diritti di ogni persona. Questa Chiesa è stata lì ieri anche con il suo vescovo, mons. Francesco Milito. Lui, nuovo in questo territorio, ha voluto toccare con mano quanto i suoi stretti collaboratori e le centinaia di volontari quotidianamente gli raccontano. È arrivato all’imbrunire come un uomo qualunque, per  toccare con mano quell’immenso carico di umanità sofferente, di gente disperata, ma piena di dignità. È stato lì nella tendopoli, diventata ormai baraccopoli, a prendere atto personalmente delle terribili condizioni in cui vive quel popolo di miserabili. Ha visto con gli occhi, ha stretto mani, ha confortato ma ha voluto compiere un altro gesto concreto. Diecimila euro del bilancio non certo ricco della Diocesi andranno a loro, ai migranti, le cui condizioni le ha definite “disumane ed inaccettabili… da quarto mondo”. Senza polemiche… ma che schiaffo ai rappresentanti delle Istituzioni, che strada facendo hanno dimenticato i loro compiti istituzionali, immersi come sono in beghe e in diatribe, spesso in cerca di un “salvagente” che li salvi dai loro inciuci. Senza polemiche… la Chiesa di Oppido-Palmi continua  a fare il suo dovere, come lo ha fatto in tutti questi anni, costretta, ancora a gestire l’emergenza a fianco a due sindaci lasciati soli e spesso attaccati politicamente, perché chi ha il compito di rimuovere le cause che a Rosarno hanno prodotto ingiustizia e negazione dei diritti, continua a voltarsi dall’altra parte. Questa Chiesa continua, nonostante tutto, a dare risposte ai bisogni del popolo dei migranti. Le mille coperte che il vescovo ha chiesto all’inizio dell’Avvento, sono già arrivate dalle singole comunità parrocchiali, da dove arrivano continuamente cibi e vestiari. Esperienze come il “modello Drosi” o la tenda di Abramo di Polistena o il servizio agli “invisibili” dell’Associazione Il Cenacolo continuano il loro cammino. Le mense attivate continuano a offrire pasti caldi. Le tre Parrocchie di Rosarno con le loro Caritas parrocchiali sono sempre sulla breccia. Questa mattina, con l’inizio della novena di Natale, i volontari della  Parrocchia del Duomo di Polistena riprendono l’iniziativa di fornire ogni mattina alle 6 la colazione calda nei posti dove i migranti trascorrono la notte alla meno peggio. I medici cattolici continuano ad affiancare i volontari di Emergency nelle prestazioni sanitarie… E l’elenco delle iniziative potrebbe continuare. Ma non certo per dire che siamo bravi. I credenti stanno cercando di fare solo il loro dovere. Altrimenti che senso avrebbe stordire le orecchie di Dio ripetendogli i versetti del  salmo ottavo: “Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché ti prendi cura di lui”? La Chiesa di Oppido-Palmi si sta sforzando di fare il proprio dovere, ma nel nome  del Vangelo e della Costituzione del nostro Paese chiediamo agli altri che lo facciano anche loro. Perché non vorremmo che ancora una volta da questa vicenda uscissimo  tutti sconfitti… sconfitti e umiliati anche noi credenti: perché, come scrisse don Tonino Bello “costretti a sperimentare ancora una volta che la nostra civiltà la quale, nella sua sbornia di retorica, si proclama multirazziale, multiculturale, multietnica, multi religiosa e multinonsochè, non riesce ancora a dare accoglienze che abbiano sapore di umanità”.

* Vicario generale
della Diocesi di Oppido-Palmi

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE