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POCHE righe per esprimere il disgusto personale e dei tanti lettori che ieri hanno scritto e telefonato

al Quotidiano dopo aver letto gli articoli di Giuseppe Baldessarro sui rimborsi dei consiglieri regionali calabresi. Avete letto e, dunque, sapete, oggi potete apprendere nuovi sconcertanti particolari dalla lettura dei nuovi articoli che pubblichiamo nelle pagine che seguono. C’è davvero poco da aggiungere. Si vedrà quali spiegazioni forniranno agli inquirenti i dieci consiglieri regionali e i direttori amministrativi dei gruppi consiliari, che risultano indagati, ma, se non sapranno giustificare quelle spese, prima ancora di attendere l’esito dell’inchiesta giudiziaria si dimettano. E’ il minimo che possono fare, lo devono ai cittadini che li hanno eletti.
Il Paese sta vivendo una crisi senza precedenti. La condizione sociale di milioni di italiani è giorno dopo giorno sempre più drammatica, ognuno sta facendo sacrifici per tirare avanti e c’è chi non ne ha più da fare perché li ha già fatti tutti. Le finanze pubbliche sono al limite della rottura. La crisi politica sembra, e forse lo è, un ginepraio inestricabile. Non si riesce a fare un governo e tra qualche giorno bisognerà eleggere un nuovo presidente della Repubblica, al quale dovrebbe essere affidato, a meno di un miracolo, come primo compito lo scioglimento delle Camere. 
Siamo arrivati a questo punto per una serie di ragioni. Politiche economiche sbagliate, spesa pubblica senza controllo, sistema creditizio contrario allo sviluppo delle imprese, ingovernabilità diffusa, rissosità permanente e un’ostentazione di arroganza e cafonaggine nell’esercizio del potere che ha provocato l’irritazione, la rabbia e la vendetta degli italiani nelle ultime elezioni politiche. Se non ci fosse stata la crisi, probabilmente lo scandalo dei costi della politica sarebbe stato digerito come sempre da un popolo abituato a perdonare i cialtroni perché ha una recondita simpatia per furbi e furbastri. Ma c’è la crisi, ed allora è intollerabile che tanto denaro debba finire nei rivoli di una vita pubblica che di pubblico ha sempre meno e che soprattutto ha favorito una pletora di persone voraci e insaziabili, che, in gran parte, si sono peraltro dimostrate incapaci di governare paese, regioni, province e comuni. Il successo di Grillo, è stato già scritto, nasce da questo fallimento. E l’ingovernabilità del Paese è l’effetto di questo scempio. Un Paese nel quale, fino a prima delle elezioni, i ladroni presi con le mani nel sacco erano ospiti di riguardo dei salotti televisivi. Poi Grillo ha tuonato contro il sistema dell’informazione e qualche bravo presentatore ha iniziato a selezionare gli inviti nella speranza di riciclarsi. E non è escluso che gli riesca ancora una volta.
Ma se si pensa di procedere con la speranza che la buriana possa rapidamente passare, si è fuori strada. Metà degli italiani, con le astensioni e con il Movimento Cinque Stelle, ha lanciato non un avvertimento bensì un chiaro segnale di guerra. Grillo, che non ci piace neanche un poco, non è la malattia ma solo lo strumento di cui la gente si è servita per dire basta. E ora siamo finiti in un vicolo cieco perché la politica ha operato per essere di fatto l’antipolitica nel momento in cui è venuta meno alla sua missione di risolvere i problemi con l’arte sempre perfettibile del governo.
Se questa è l’Italia, che dire delle miserie per le quali ancora una volta la Calabria, ormai abbandonata al suo destino da tempo, ha attirato un po’ di attenzione nazionale? Al disgusto abbiamo fatto cenno, ma ripetiamo quello che abbiamo detto ieri ai tanti che l’hanno manifestato in molti modi: dopo il disgusto, cari calabresi, che si fa?

al Quotidiano dopo aver letto gli articoli di Giuseppe Baldessarro sui rimborsi dei consiglieri regionali calabresi. Avete letto e, dunque, sapete, oggi potete apprendere nuovi sconcertanti particolari dalla lettura dei nuovi articoli che pubblichiamo nelle pagine che seguono. C’è davvero poco da aggiungere. Si vedrà quali spiegazioni forniranno agli inquirenti i dieci consiglieri regionali e i direttori amministrativi dei gruppi consiliari, che risultano indagati, ma, se non sapranno giustificare quelle spese, prima ancora di attendere l’esito dell’inchiesta giudiziaria si dimettano. E’ il minimo che possono fare, lo devono ai cittadini che li hanno eletti. Il Paese sta vivendo una crisi senza precedenti. La condizione sociale di milioni di italiani è giorno dopo giorno sempre più drammatica, ognuno sta facendo sacrifici per tirare avanti e c’è chi non ne ha più da fare perché li ha già fatti tutti. Le finanze pubbliche sono al limite della rottura. 

La crisi politica sembra, e forse lo è, un ginepraio inestricabile. Non si riesce a fare un governo e tra qualche giorno bisognerà eleggere un nuovo presidente della Repubblica, al quale dovrebbe essere affidato, a meno di un miracolo, come primo compito lo scioglimento delle Camere. Siamo arrivati a questo punto per una serie di ragioni. Politiche economiche sbagliate, spesa pubblica senza controllo, sistema creditizio contrario allo sviluppo delle imprese, ingovernabilità diffusa, rissosità permanente e un’ostentazione di arroganza e cafonaggine nell’esercizio del potere che ha provocato l’irritazione, la rabbia e la vendetta degli italiani nelle ultime elezioni politiche. Se non ci fosse stata la crisi, probabilmente lo scandalo dei costi della politica sarebbe stato digerito come sempre da un popolo abituato a perdonare i cialtroni perché ha una recondita simpatia per furbi e furbastri. Ma c’è la crisi, ed allora è intollerabile che tanto denaro debba finire nei rivoli di una vita pubblica che di pubblico ha sempre meno e che soprattutto ha favorito una pletora di persone voraci e insaziabili, che, in gran parte, si sono peraltro dimostrate incapaci di governare paese, regioni, province e comuni. Il successo di Grillo, è stato già scritto, nasce da questo fallimento. E l’ingovernabilità del Paese è l’effetto di questo scempio. Un Paese nel quale, fino a prima delle elezioni, i ladroni presi con le mani nel sacco erano ospiti di riguardo dei salotti televisivi. Poi Grillo ha tuonato contro il sistema dell’informazione e qualche bravo presentatore ha iniziato a selezionare gli inviti nella speranza di riciclarsi. E non è escluso che gli riesca ancora una volta. Ma se si pensa di procedere con la speranza che la buriana possa rapidamente passare, si è fuori strada. 

Metà degli italiani, con le astensioni e con il Movimento Cinque Stelle, ha lanciato non un avvertimento bensì un chiaro segnale di guerra. Grillo, che non ci piace neanche un poco, non è la malattia ma solo lo strumento di cui la gente si è servita per dire basta. E ora siamo finiti in un vicolo cieco perché la politica ha operato per essere di fatto l’antipolitica nel momento in cui è venuta meno alla sua missione di risolvere i problemi con l’arte sempre perfettibile del governo.Se questa è l’Italia, che dire delle miserie per le quali ancora una volta la Calabria, ormai abbandonata al suo destino da tempo, ha attirato un po’ di attenzione nazionale? Al disgusto abbiamo fatto cenno, ma ripetiamo quello che abbiamo detto ieri ai tanti che l’hanno manifestato in molti modi: dopo il disgusto, cari calabresi, che si fa?

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