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CARISSIMO Giuliano Pisapia, la ringrazio a nome della Calabria perbene, onesta, coraggiosa, che non si fa i fatti suoi, che non tace, che non fa finta di non vedere e sentire, che non si nasconde nella zona grigia contigua e complice della ‘ndrangheta, che non si arrampica sugli specchi di un garantismo complice e colpevole.
Lea Garofalo trova oggi con i funerali nella “sua” città, carissimo sindaco, il 

CARISSIMO Giuliano Pisapia, la ringrazio a nome della Calabria perbene, onesta, coraggiosa, che non si fa i fatti suoi, che non tace, che non fa finta di non vedere e sentire, che non si nasconde nella zona grigia contigua e complice della ‘ndrangheta, che non si arrampica sugli specchi di un garantismo complice e colpevole. Lea Garofalo trova oggi con i funerali nella “sua” città, carissimo sindaco, il  riconoscimento che le è dovuto e che altrove le è stato negato con artifici e silenzi. Milano onora la sua grande tradizione con la scelta di ricordare una donna calabrese che ha fatto eroicamente, fino all’estremo sacrificio, il proprio dovere di persona libera, di madre buona e saggia, di cittadina che crede nella giustizia e nella tolleranza. Quelli che si tengono oggi non sono funerali ordinari, fanno parte della migliore storia italiana, quella che costruisce il futuro onorando il presente e la memoria del passato. 

 

Vede, la Calabria non è ‘ndrangheta. Il binomio, utilizzato anche nei giorni scorsi a proposito dello scioglimento per mafia del comune di Sedriano, è ingiusto e sbagliato. Ma la ‘ndrangheta è calabrese. Un cancro che si è alimentato ed è cresciuto grazie ad un humus culturale, sociale, economico, storico e, anche, geografico, e che rovina la vita e le prospettiva della Calabria. Estirparlo non è facile ed è mancato lo sforzo corale di cittadini, istituzioni e stato che poteva annientarlo. Esso ha prosperato in maniera così facile da poter espandersi e diffondersi in ogni latitudine fino a diventare l’incubo di territori, come il suo, che ne sembravano lontani e immuni. 

Le colpe dei calabresi sono immense. E lo sono ancora di più se si ricordano gli uomini e le donne che hanno messo in gioco ogni cosa, anche il bene più prezioso della propria vita e della serenità dei propri cari, pur di tenere la schiena diritta, di elevare al cielo il grido di libertà, di battersi per il rispetto delle leggi e delle regole di civile convivenza. L’elenco è lungo. Penso, per tutti, a Giannino Losardo, un servitore dello Stato il cui assassinio per mano della ‘ndrangheta non ha avuto giustizia, a Rocco Gatto, il mugnaio comunista,  e a Giuseppe Valarioti, l’insegnante di Rosarno. 

E penso, per venire ad oggi, a Lea e alle altre donne calabresi, Giuseppina Pesce, Maria Concetta Cacciola e tante altre, che hanno rotto un patto omertoso di fedeltà ai codici di onore, violandolo nel suo punto più nevralgico, il rapporto familiare. Vede, carissimo sindaco, qualche anno fa attorno a queste donne, grazie alla sollecitazione di questo giornale, si creò un vasto moto di opinione. L’8 marzo, ricorrenza, ormai rituale e stravolta nei suoi valori, divenne davvero una bella giornata nella quale si ritrovarono i calabresi perbene, onesti e coraggiosi. E soprattutto scesero in campo tante donne in ogni angolo di Calabria. Forse ci furono anche solidarietà sospette, come già era accaduto in occasione della manifestazione del 25 settembre 2010 a Reggio Calabria contro la ‘ndrangheta, perché la perfidia della ‘ndrangheta fa sì, come recitava uno striscione, che essa “sfili insieme a noi, purtroppo”.

Dunque, la Calabria non è ‘ndrangheta o, meglio, non è solo ‘ndrangheta. Ma la Calabria non ha futuro se, qui e ora, oggi e non domani, non fa i conti con il suo male più devastante, che è parte integrante del suo corpo come lo può essere una metastasi che ne colpisce un arto o un organo. E nessuno può tirarsi fuori, può pensare di farsi i fatti suoi. Lo Stato va richiamato alle sue responsabilità, ma non ci saranno mai forze e impegni sufficienti a sradicare una cultura mafiosa diffusa e tollerata, nella quale alligna comodamente la malapianta.

Milano oggi dà una lezione ai calabresi, che vivono da lontano, e poco partecipi, un momento straordinario della loro storia. E lo fa lei, carissimo sindaco, persona impegnata e sensibile, che onorando Lea onora la Calabria pulita, onora la Calabria che deve nascere dai suoi malanni e dalle sue ferite, avendo la capacità di trovare in sé la forza, l’energia, l’intelligenza e il coraggio di cambiare e di prosciugare fino all’ultima goccia l’acqua nella quale la ‘ndrangheta sguazza con ferocia e tracotanza.

Lea è questa Calabria che deve rinascere. Il suo sorriso guarda al domani, pensa ai nostri ragazzi, illumina le bellezze impareggiabili che in ogni angolo rendono unica questa straordinaria terra. E lei, carissimo sindaco, in questo momento diventa accanto a Lea un simbolo dell’amore per la libertà e dell’aiuto alla Calabria che vuole e deve risorgere. Con stima e gratitudine.

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