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VENERDI’ sera sono entrato in una tabaccheria dove mancavo da qualche mese. Ho chiesto alla titolare un Gratta e vinci da cinque euro.

– No ne ho. Li abbiamo tolti. 

Mentre stavo uscendo ripensavo alla vena amara che aveva messo nelle sue parole. Sono tornato indietro.

– Come mai?

– Abbiamo deciso che era meglio cosí.

– Scusi se insisto, ma non si vendevano?

– Altro che! A parte il guadagno, nonostante la crisi delle sigarette avevamo il negozio sempre pieno di gente.

– E allora perché?

– Non ce l’abbiamo fatta a vedere le persone rovinarsi davanti ai nostri occhi, giorno dopo giorno. Signore con una pensione modesta la bruciavano in tre, quattro giorni, alla ricerca sempre più spasmodica di una vincita praticamente irrealizzabile. Troppe, troppe ne abbiamo viste. E, pur volendo, non sapevamo come né potevamo impedire che chiedessero altri biglietti inseguendo il doppio sogno, impossibile, di rifarsi delle perdite e di fare il colpo della vita. Guadagniamo di meno ma siamo usciti da quell’incubo, che ci portavamo anche a casa. Anche perché molti clienti li conoscevamo e sapevamo come se la passavano in famiglia, e altri avevamo imparato a conoscerli biglietto dopo biglietto. Abbiamo lasciato solo il lotto, quello tradizionale, che raramente ha distrutto le famiglie.

Ha parlato a voce bassa, quasi sussurrando le parole, e un velo umido di tristezza ha attraversato i suoi occhi. Non mi ha detto cose che non sapevo, avendo visto e letto, ma mi ha impressionato molto e, soprattutto, fatto riflettere. Altro che Imu o Tarsu o Irpef, questa del gioco è la tassa più odiosa e subdola  che uno Stato ingiusto potesse introdurre. Hanno sprigionato il massimo di fantasia per creare ad ogni angolo le trappole per milioni di italiani che vi sono finiti dentro un po’ alla volta. Si dice che è una libera scelta – libero arbitrio, direbbero i cattolici – perché ognuno può scegliere di non giocare. Uno decide liberamente di andare a Las Vegas e di giocarsi tutto quello che possiede. Amen. Ma qui la succursale di Las Vegas è sotto casa, in ogni negozio dove entri, ad ogni autogrill dove accompagnano lo scontrino con l’invito – vuole  anche un biglietto della Lotteria?-, nei supermercati, dovunque si riunisca un po’ di gente. Pochi resistono. Qualcuno se la cava coniugando equilibrio e prudenza, ma poi alcune centinaia di euro a fine anno, quasi senza accorgersene, le ha regalate allo Stato, più o meno un balzello come la tassa sulla spazzatura. Altri si giocano la vita. E lo Stato incassa, indifferente ai disastri che provoca. Addirittura, non contento, beffa i  pochi vincitori imponendogli un’ulteriore tassa con un prelievo aggiuntivo in caso di vincita superiore ai cinquecento euro. 

Si parla molto di ludopatia, la dipendenza dal gioco come una malattia. Apparati del medesimo Stato la studiano e si propongono di curarla e debellarla. Ti faccio ammalare e poi ti curo, ma con i tuoi soldi. Parlo di Stato, in esso comprendendo tutto, anche e soprattutto chi governa, perché da destra a sinistra tutti sanno e tacciono, dal momento che le entrate da gioco di massa sostengono anche l’esistenza della casta di politici e dipendenti pubblici (vedi gli stipendi scandalosi, e per di più aumentati, di funzionari, uscieri e quanti altri di Camera e Senato), che qualcuno deve pure pagare. 

Tornando al Gratta e vinci, alle macchinette infernali e agli altri giochi variamente concepiti, servirebbe una svolta che riduca le esche lasciate ad ogni angolo per ridurre sul lastrico tanta gente. Purtroppo sui partiti è meglio non riporre speranze. Ci sono associazioni impegnate ma occorre molto di più. Papa Francesco ha denunciato il ruolo devastante del denaro, probabilmente un’iniziativa della Chiesa potrebbe favorire cambiamenti importanti in questo delicatissimo campo. Faccia qualcosa. Subito. Nell’interesse generale. È triste e penoso immaginare che l’ultimo efficace avamposto di giustizia e solidarietà sia rappresentato da una Chiesa che si rinnova. 

Ma si può sfuggire a questi amari pensieri con quello che si vede in giro? In un paese  normale – siamo perfettamente in tema – un ministro della Giustizia sarebbe già a casa da giorni. Ma per difendere la Cancellieri e i suoi interventi umanitari ad personam scende in campo anche il presidente della Repubblica. Ci si lamenta spesso che siamo diventati un paese senza futuro, ma qualcuno si meraviglia? Le regole sono a fisarmonica, la giustizia è incerta, l’etica è diventata un’utopia, la politica una vomitevole noia. Vince sempre il banco, signori. Noi sudditi grattiamo. E non vinciamo.

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