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QUANDO in quinta elementare ci portarono in gita alla zoo di Catania fui particolarmente colpita dal tempo di gestazione dell’elefante: 21 mesi prima di poter accarezzare il proprio cucciolo. Per molto tempo da bambina quel pensiero mi riaffiorava sempre alla mente. Forse un presentimento o forse no. Di fatto la mia gestazione ha di gran lunga superato quella dell’elefante. Siamo in attesa di un bambino da lunedì 3 gennaio 2011, quando dopo tre anni di matrimonio (tanti ce ne vogliono) abbiamo presentato domanda di adozione internazionale al Tribunale dei minori di Reggio. La legge italiana dice che per adottare devi essere idoneo, così inizia la lunga trafila fatta di visite mediche, commissariati, assistenti sociali, psicologi e giudici . Il Tribunale inoltra la richiesta in Questura e al Comune di competenza. I tempi stimati sono 4 mesi, ne abbiamo impiegato 12. Il dirigente del Comune aveva dimenticato sulla scrivania la lettera inviata dal tribunale dei minori. Venne ritrovata ad agosto dopo nostro sollecito. Avvisati finalmente i servizi sociali iniziamo i colloqui. Quando decidi di adottare devi raccontarti come un libro aperto. Passato, presente, aspettative future. Cosa facevi con i tuoi genitori da piccolo, cosa pensi del sesso e perchè tuo marito ha il giorno libero il martedì mentre tu non lavori il sabato. 

Il 20 dicembre 2011 otteniamo il decreto di idoneità. Dobbiamo sbrigarci. Per lo Stato una coppia è idonea a tempo determinato. Passati due anni devi tornare al via. Così inizia la seconda fase. Per l’adozione internazionale esiste un’apposita Commissione che è un’autorità centrale i cui membri sono rappresentanti di diversi ministeri e non solo. Dal 2011 ha cambiato due vicepresidenti e tre presidenti. L’attuale è il primo ministro Matteo Renzi che ha tenuto la delega per sé ed a cui rivolgo un accorato appello: non trascuri i problemi delle coppie adottive. La Cai per le adozioni internazionali garantisce che tutto avvenga nel rispetto dei principi stabiliti dalla Convenzione de L’Aja sulla tutela dei minori. Inoltre autorizza gli enti allo svolgimento delle procedure di adozione in Italia e all’estero. Per procedere, la coppia deve affidarsi ad uno degli enti autorizzati. Per adottare in Etiopia ci dicono di affidarci ad un ente calabrese. E’ fine anno. Ci sentiamo dopo feste ci dicono. Anno nuovo, nuovo aumento. Cinquecento euro in più per conferire mandato. Cinquemila euro tondi tondi per iniziare. L’ente però non opera direttamente in Etiopia, ha un accordo con un ente del Nord. Questa sinergia ci costa altri quattromila e cinquecento euro. Quasi diecimila euro in meno di tre mesi. Ci dicono che siamo iscritti nelle liste d’attesa del paese che abbiamo scelto. Tempi previsti 12/18 mesi per avere un abbinamento con un bambino. 
La Cai ti spiega che “l’abbinamento è quella fase della procedura in cui l’autorità competente del Paese individua, seguendo l’ordine cronologico delle richieste, tra le domande depositate, quella dei coniugi più rispondenti alle caratteristiche e alle specifiche necessità dei bambini”. Si parla quindi di un ordine cronologico, e lo dice anche l’Ente che però si guarda bene dallo scriverlo sulla carta dei servizi. Rimaniamo in attesa per 18 mesi. Nessuno ci chiama. Nel frattempo i due enti rompono l’accordo. Ci allarmiamo subito perchè non sappiamo più a chi dobbiamo fare riferimento. Chiamo e mando mail agli enti, alla commissione e al presidente dell’epoca: l’ex ministro Cecile Kyenge. Era il 4 luglio 2013. Passati i 18 mesi non riceviamo alcuna proposta di abbinamento. Sono cambiate le procedure in Etiopia. Dobbiamo aspettare ancora, l’attesa è diventata di 24/30 mesi. Aspettiamo. Siamo al ventottesimo mese di attesa. Con stupore scopriamo dal rapporto Cai sulle adozioni che l’Etiopia ha registrato un andamento favorevole. Secondo questo rapporto “il tempo medio di attesa delle coppie, negli anni 2006/2013, è stato quasi sempre inferiore ai due anni e nel 2013 è stato di 20 mesi. Anche il numero dei minori adottati è rimasto stabile negli anni”. Abbiamo chiesto perchè noi non rientriamo in quei tempi. Forse perchè i due enti hanno rotto l’accordo? Forse l’ente a cui ci siamo affidati non rispetta l’ordine cronologico della lista nel paese? Chi lo decide il nostro abbinamento? Qualcuno vigila sugli enti? La nostra esperienza, che è comune a quelle di tante altre coppie, ci fa capire che le norme in Italia in materia di adozione vanno aggiornate. Non è possibile che il destino della nostra famiglia stia nella scelta e nelle scelte degli enti. 

Lettera firmata
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