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IN qualche angolo di Calabria ci sono le strade pulite, le rotonde con il pratino curato, i cestini dell’immondizia e se ci passi ti senti bene. Pensi che là deve esserci un’amministrazione comunale che funziona, e che, anzi, probabilmente è un’eccellenza. Ti viene da fermarti per godere ancora meglio di quello scenario e quasi quasi, se passasse il sindaco, dovresti trattenerti dall’impulso di dargli un bacio in fronte. Ma perché mai tanto stupore e, subito dopo, tanto compiacimento? Non sarà forse perché quella è l’eccezione ad una regola fatta, invece, di incuria e brutture? In alcune aree della regione c’è il problema dei rifiuti, ma ormai i cumuli maleodoranti dei sacchetti ammassati a sommergere i cassonetti fanno parte del paesaggio, e la gente quasi non ci fa più caso. Anche questa è diventata la regola.

Il mare sporco? In qualche posto è diventato quasi normale, e se – a luglio soprattutto – riuscivi a fare il bagno senza timori e prove di coraggio, allora quasi ti sentivi un fortunato, un privilegiato per esserti trovato in quel momento in un paradiso… come se il mare pulito (per lo meno dai residui non depurati dai depuratori) non dovesse essere la regola, anziché l’eccezione.

Ma la Calabria, si sa, è troppo bella, in misura straordinaria forse anche per i suoi aspetti selvaggi. E, dunque, sull’aspetto paesaggistico non tenuto in gran conto dai calabresi si riesce persino a sorvolare. Quello che, però, resta e rischia di farci sprofondare nell’abisso è il processo mentale in virtù del quale ormai siamo assuefatti al brutto e alle cose che non vanno al punto da considerarle “normali”. E se quel processo ci guida nel giudizio su cose delicate della vita di una regione, allora è quasi la fine. 

Prendiamo la sanità. Questa appena trascorsa è stata la settimana delle brutte notizie, a partire dai dati che abbiamo pubblicato lunedì scorso sulla migrazione sanitaria nel 2012: per far curare calabresi malati di tumore fuori dalla Calabria, la Regione ha rimborsato poco meno di 50 milioni di euro. Ora, è facile intuire che anche se qualcuno sceglie strutture fuori dai confini regionali per motivazioni soggettive, molti altri si trovano costretti. Certo, quelli erano dati del 2012, ma quest’anno, per esempio, al policlinico universitario di Catanzaro (Germaneto), reparto maxillo-facciale, ad agosto niente interventi chirurgici per tumori maligni. A sentire i medici, una disposizione dei vertici aziendali consentirebbe (per ragioni legate a posti letto tagliati o comunque in nome del risparmio) solo interventi per traumi. Se uno ha urgenza per un tumore e non ha avuto la “fortuna” di essere stato vittima di un incidente? Si arrangia: aspetta settembre o, se vuole una struttura complessa similare, fa le valige.
La sanità calabrese, come è stata riorganizzata per cercare di ridurre il deficit che aveva imposto un piano di rientro, pare funzionare meglio solo in tema di conti e bilanci. I servizi, con tutte le buone volontà, lasciano pensare che la migrazione sanitaria continuerà a gravare sul portafoglio e forse anche sulla coscienza della classe dirigente. Si aspetta il nuovo commissario per il piano di rientro, ma la sua nomina è stata già rinviata. Ma tant’è. Che c’è di straordinario?

Per le coppie senza figli è venuto fuori in questi giorni che, considerata la situazione dei conti della sanità calabrese, la Regione non rimborserà più prestazioni (in questo caso inutile anche andare fuori Calabria) per la procreazione medicalmente assistita. L’alternativa, però, c’è: basta rivolgersi a strutture private e, ovviamente, pagare di tasca propria. Ma, in fondo, i disservizi per noi calabresi non sono normali? 

E quando le cose funzionano (perché ce ne sono tante – anche nel panorama per lo più desolante della sanità – che vanno bene), allora gioiamo e inneggiamo all’eccellenza. Perché il concetto di normalità è diventato troppo sfocato, e può colorarsi talora di bianco e talora di nero, fino ad assumere una tonalità insignificante di grigio che può essere la rappresentazione per immagine dell’indifferenza e della rassegnazione. Ecco, indifferenti e rassegnati, come troppo spesso siamo, ci mostriamo o ci comportiamo noi calabresi. Che lo si faccia per ignavia è grave, ma se dovesse essere perché ormai siamo capaci di abituarci e percepire come “normale” qualsiasi nefandezza, allora la strada potrebbe essere senza ritorno.

twitter: @ro_valenti

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