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SE solo uno volesse distaccarsi di poco dal racconto freddo di quello che succede in Calabria per azzardare una qualche analisi, la strada apparirebbe disseminata di mine che si chiamano qualunquismo, populismo, retorica. Per carità, non è che in altre parti d’Italia o del mondo non accadano cose palesemente lontane dal buon senso, ma se già abbiamo difficoltà a decifrare quello che ci interessa più da vicino (e che ha incidenza sulla nostra vita di tutti i giorni), meglio iniziare da qui.

Prendiamo il capitolo elezioni regionali. C’è qualcuno in grado di descrivere criticamente ciò che sta accadendo senza incorrere nel rischio di dire cose scontate, del tipo la classe politica calabrese lascia molto a desiderare? Eppure, senza voler dare giudizi – che facilmente sarebbero ingenerosi – i fatti descrivono una realtà che mal si concilia con un territorio che avrebbe bisogno di ben altro. E questo è sotto gli occhi di tutti. Da quanto tempo Giuseppe Scopelliti non è più alla guida della Regione a seguito della vicenda giudiziaria legata ai conti del Comune di Reggio (nelle vesti di ex sindaco della città)? Da tanto. E non è corretto nemmeno fare riferimento alla causa che ha aperto la strada che porterà i calabresi alle urne. Non è corretto perché quello che è più significativo, a prescindere dalle cause, è che ancora non si sa per certo quando si voterà. Per questioni legate alla legge elettorale che si intrecciano con quelle delle primarie delle coalizioni e soprattutto con quelle “istituzionali”, che poi portano alle prove di forza interne ai partiti principali, a buoni propositi offuscati da logiche logore, insomma: non si sa ancora, se si dovesse votare a ottobre o a novembre, quali saranno i candidati. Tutto regolare, certo, perché in condizioni normali ci sarebbe tutto il tempo di avanzare le candidature degli aspiranti governatori e, nei termini di legge, esporre in campagna elettorale i programmi. In condizioni normali, appunto. E la Calabria non è in condizioni normali. Non lo è oggettivamente, per tutte le emergenze che le tolgono ossigeno. E che sono sotto gli occhi di tutti e quindi non vale la pena neppure menzionarle per non rischiare (ma quanti pericoli…) di alimentare il solito piagnisteo.

I programmi? C’è tempo, c’è tempo. Speriamo solo che a chi è in campo e sta lavorando alacremente per le candidature (primarie o meno) non consumi tutte le energie in questa fase preliminare e poi ne possano risentire i programmi, perché è chiaro a tutti, ormai, che non potendo comunque contare sul Messia, questa terra ha bisogno di cose che vanno fatte, a prescindere dalla simpatia che si può provare o meno per chi avrà la possibilità di farle.

Poca importanza hanno i nomi di tutti quelli (e sono tanti) che in queste ore e in questi giorni, a destra e a sinistra, sono impegnati nelle febbrili trattative e nelle attività di marketing politico in vista delle candidature. Ne sono piene le pagine di cronaca politica, e poi non è una questione di irriverenza. E’ solo che il tema delle elezioni regionali, con la performance della classe politica calabrese che dura da molte settimane, è solo una delle questioni che rischiano di essere risucchiate nel secchio dell’indifferenza. Cose che dovrebbero essere di vitale importanza, e sulle quali un dibattito lucido e di sostanza dovrebbe soffiare impetuoso. Cose che, invece, non solo non suscitano reazioni, ma quasi quasi non ispirano più nemmeno giudizi. Quelli, per intenderci, che uno può partorire nella sua mente senza correre il rischio (ancora rischi…) di esporsi. Non si sa mai…

twitter: @ro_valenti

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